Antonio Lanzetta, classe 1981, è nato a Salerno, ha un trascorso da musicista, ama i gatti e si appassiona alla lettura di fantasy che non ha neppure dieci anni.
E’ proprio con i romanzi fantasy per ragazzi che approda al mondo dell’editoria nel 2012, vincendo anche il Premio Cittadella, e grazie al suo talento, in pochissimo tempo, diventa un autore di thriller così apprezzato da essere paragonato al Re, Stephen King.
Con la Corte Editore pubblica Il buio dentro, I figli del male, Le colpe della notte, tre romanzi indipendenti ma uniti da un agghiacciante filo conduttore, l’angoscia, cucita così bene sulla pelle dei protagonisti e nel contesto dell’azione da diventarne l’essenza.
Il suo ultimo libro è uscito per i tipi della Newton Compton con L’uomo senza sonno.
Il romanzo è ambientato nel secondo dopoguerra, in un orfanotrofio vicino Salerno, dove Bruno, un ragazzino di tredici anni tormentato dalle angherie degli altri ragazzi, e Nino, il nuovo arrivato, diventano amici inseparabili. Fino al giorno in cui i due vengono mandati a lavorare in un’antica e inquietante villa abitata da una strana bambina.
Inizia il viaggio di Bruno e dell’estate in cui divenne L’uomo senza sonno.
Abbiamo chiesto ad Antonio di concederci un’intervista. Eccola per i nostri lettori:
Il tuo libro è molto bello ma anche particolare. Per quale motivo hai deciso di mettere in standby il thriller per dedicarti a una storia gotica?
Grazie. Sotto l’ombrello del “thriller” in Italia viene classificato tutto ciò che riguarda la suspense. In libreria abbiamo due grandi generi a tracciare una linea di confine tra i libri “neri”, ovvero il giallo e il thriller.
Per me i generi sono stati creati per vendere i libri, per dare un riferimento ai lettori, agli operatori del marketing, ma per me i libri sono solo libri e trascendono il concetto di genere.
Devono intrattenere, creare empatia, spingere le persone a riflettere attraverso la voce, i pensieri e la vita dei protagonisti.
L’Uomo Senza Sonno ha l’impianto di un romanzo di formazione con sfumature gotiche, ma è anche un thriller, un crime, è l’insieme di tutte le cose che mi piacciono.
Per gli autori stranieri è normale confrontarsi con generi diversi. In Italia invece sembra esserci meno libertà. Quanti rischi ti sei assunto con la tua scelta?
Verissimo. All’estero gli autori scrivono per il piacere di creare storie e sono quasi disinteressati agli obiettivi commerciali di vendita perché, vivendo in paesi dove si legge molto ma molto di più rispetto al nostro, ci sarà comunque mercato per quel romanzo, anzi. Oltre agli USA, in nazioni come Francia o Germania, per esempio, sono numerosissimi i lettori di narrativa di genere.
Le storie fantasy e horror reggono da sole il mercato dei libri. In Italia funziona diversamente, oltre alla puzza sotto il naso di tanti addetti ai lavori, della critica, di chi continua ancora a fare differenze tra libri di serie b e altri, dimentichiamo che una delle principali opere legate alla nostra storia, la Divina Commedia, racchiude in sé una moltitudine di generi narrativi.
I romanzi di Stephen King hanno una forte carica morale, tanto che molti lo hanno paragonato a Dickens e tu sei spesso definito lo Stephen King italiano. “L’uomo senza sonno” è ambientato in un orfanotrofio e racconta il valore dell’amicizia nonostante l’orrore che circonda il protagonista. Il richiamo a Dickens viene naturale.
Quanto sono importanti per te i valori morali nella letteratura di genere?
Mi fa sempre sorridere questo paragone effettuato da una testata estera che mi riempie di orgoglio ma che è assolutamente insostenibile, perché di Stephen King ne esiste soltanto uno (per fortuna) e a lui va il merito di aver tradotto in narrativa commerciale gli insegnamenti di altri giganti della letteratura di genere.
Credo che ai libri spetti un compito grandissimo: quello di intrattenere, fare compagnia, ma allo stesso tempo di indurre le persone a porsi domande. Ecco, un buon libro spinge i lettori a porsi quesiti, non a trovare risposte.
Raccontare un periodo storico distante è un’impresa che molti rifuggono, non solo per gli aspetti tecnici ma anche per il diverso modo di vivere i rapporti umani. Per scrivere “L’uomo senza sonno” come ti sei documentato?
Raccontare storie ambientate in periodi storici diversi è una sfida e un divertimento. È necessario essere credibili, non prendere il lettore in giro, pertanto ho visitato luoghi, ho guardato vecchie foto, letto libri di storia e romanzi ambientati nel periodo storico che mi interessava per capire come le persone parlavano, vivevano, etc…
Chi è per te Nino?
Nino è forse il personaggio meglio riuscito di tutti i romanzi che ho scritto e posso solo invitare le persone a scoprirlo, leggendo L’Uomo Senza Sonno.
Se dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sarebbero?
Lettore. Scrittore. Essere Umano (mi sono allargato con 4 parole).
Prima di salutarci e anzi, proprio per inaugurare un saluto d’eccezione, che messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
Auguro a ThrillerLife di diventare un punto di riferimento per la comunità di lettrici e lettori appassionati di narrativa crime e di genere, e alle persone di trovare in questo portale un approdo sicuro in cui sentirsi a casa.
ThrillerLife ringrazia Antonio Lanzetta
a cura di Alessandra Panzini e Leonardo di Lascia