Brunella Schisa, napoletana, è giornalista e autrice di romanzi storici, ha lavorato come traduttrice di testi francesi ed ha curato la rubrica libri per il settimanale Venerdì di Repubblica.
E’ una figura culturale di grande respiro, capace di coniugare con grande maestria esigenze contrapposte: da una parte il rigore e il rispetto per la verità della Storia, che sia ambientata nell’800 o ai giorni nostri poco cambia, dall’altra la libertà e il viaggio interiore che compie nei suoi personaggi per delinearne i contorni e le personalità, senza che nulla sia lasciato al caso.
Esordisce nel 2006 con il romanzo La donna in nero, con cui vince i premi letterari “Città di Bari – Tatarella” e “Rapallo Carige”. Seguono poi Lo strappo (2007) – Dopo ogni abbandono (2009) – La scelta di Giulia (2013) – La nemica (2017) – Non essere ridicola (2019).
Il suo ultimo romanzo, Anatomia di un mostro, pubblicato per i tipi della Harper&Collins, è l’esplorazione e la rivelazione dell’orrore e della mostruosità, a cui solo chi il male ce l’ha annidato dentro può arrivare.
Brunella ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande.
Anatomia di un mostro è un thriller costruito in maniera egregia e con un ritmo incalzante, su tutti i personaggi del libro c’è l’ombra del sospetto, indice di grande padronanza del genere. La vittima Riccardo Dell’Orso era un personaggio crudele e disonesto con una personalità contorta e disturbata.
Una vittima con cui è così difficile empatizzare non rischia di alienarsi le simpatie del lettore, che paradossalmente potrebbe arrivare a prendere le difese dell’assassino? Perché un personaggio così “crudele”?
Penso che non ci sia questo rischio perché il mostro che uccide Riccardo dell’Orso, lo tortura e lo sevizia con un rituale spaventoso. Secondo me non è possibile empatizzare con i due, perché sono entrambi dei mostri. Era questo il mio scopo, raccontare le due facce del Male. Anche Nora, la protagonista, se lo chiede. Chi è più mostro tra i due?
Può esserci una graduatoria nella scala del Male? Io penso che non ci possa essere.
Chi fa deliberatamente del male a un’altra persona che sia un annientamento psicologico o una tortura vera, sul piano etico, non giuridico naturalmente, è colpevole.
Penso a Mario Mariolini,“il cacciatore di anoressiche” che costringeva le sue donne a dimagrire fino a diventare scheletriche, e alla fine ha ucciso con venti coltellate la sua ultima compagna perché si rifiutava di tornare con lui.
I thriller che sfociano nella psiche umana suscitano sempre un fascino particolare nei lettori. I personaggi di Anatomia di un mostro sono il risultato di storie che li hanno segnati e che li rendono immediatamente vivi nella mente dei lettori. Il figlio Raniero e la figliastra Nora sono tratteggiati con una loro personalità ben definita, entrambi segnati prepotentemente dalla presenza ingombrante della vittima nella loro vita.
Cosa ti ha spinto a scrivere di questo? I temi del tuo romanzo sono uno specchio della nostra attuale società?
Le dinamiche familiari e sociali sono sempre le stesse, non cambiano insieme con la società. Il Male purtroppo è sempre uguale nel tempo. I figli schiacciati da un padre padrone, sono sempre esistiti. Magari fuggivano nei boschi mentre Raniero diventa un nerd e vive nel Web profondo. Bisogna adattarsi ai tempi.
Ho scritto diversi romanzi ambientati nel Settecento e nell’Ottocento e la fatica maggiore è stata fare vivere i personaggi in un mondo diversissimo dal nostro, con disagi per noi inconcepibili. I sentimenti: l’amore, l’odio, l’avidità… quelli però non cambiano. L’essere umano rimane uguale, cambia la società.
Per me è importante entrare nella testa dei personaggi. Ho bisogno di fare uno scavo psicologico per capirli, e anche per giustificare i loro comportamenti. Non potrei mai scrivere un libro in cui la loro psicologia sia appena tratteggiata, così come ho bisogno di descrivere come vestono. Poche pennellate che aiutano il lettore a immaginarli. Il resto lo lascio a loro.
Il caso, molto complicato, viene affidato al commissario Domenico Franchini, un poliziotto quasi in pensione e con una qualità molto importante, la ricerca della verità e della giustizia. Vuole lasciare la sua vita da difensore della giustizia risolvendo questo caso. La scelta di questo personaggio va un po’ in controtendenza con i libri di genere che ci sono in libreria in questi ultimi anni, dove i poliziotti, commissari, ispettori son nel pieno della loro vita tutti intorno ai 35-40 anni.
Perché hai deciso di scegliere un personaggio come Franchini? Significa che Franchini nasce e muore con questa storia?
Quando ho cominciato a scrivere pensavo che il romanzo finisse con l’ultima pagina, non avevo previsto che ci avrei preso gusto, e con me anche i lettori. Quindi sì, potrebbe esserci un seguito (in verità ci sto già pensando). Il personaggio principale sarebbe Nora, che come psicologa carceraria avrebbe diverse occasioni di confrontarsi con il Male. Ormai sono in confidenza con lei, conosco le sue fragilità e i suoi punti di forza, e sono certa che basterebbe poco perché lei cominci ad agire indipendentemente dalla mia volontà.
Accade sempre così con i personaggi, a un certo punto diventano autonomi e mi sfuggono. Quanto a Mimmo Franchini, sì andrà in pensione ma potrebbe diventare un detective privato. Ci sono tante strade per non fare morire i miei due eroi».
Il titolo del libro è bellissimo Anatomia di un mostro, nella mia testa immagino un modello di un mostro aperto a metà dove possiamo analizzare la parte interna, tipo quelle che ci mostravano a scuola i professori di scienze.
Per Brunella chi sono i mostri?
I mostri sono quelli che usano il loro potere fisico o psicologico per sopraffare l’altro. Per il mio torturatore, ho davvero provato a spaccargli il cervello in due. Io faccio la giornalista da quarant’ anni e mi è capitato anche di occuparmi di assassini e di mostri.
In particolare con il mostro del Circeo, Angelo Izzo, ho avuto un lungo carteggio per prepararmi a un’intervista nel carcere di Campobasso. Parlo di tanti anni fa, quando Izzo era ancora un detenuto modello e non aveva commesso il duplice omicidio di madre e figlia quando era fuori in libertà condizionale. Le sue lettere erano piene di buon senso e pentimento per quello che aveva fatto a Rosaria Lopez e a Donatella Colasanti. Eppure questo non gli ha impedito, una volta uscito dal carcere, di uccidere ancora. Confesso che quando mi sono seduta davanti al computer a scrivere ho pensato a Angelo Izzo.
Nei tuoi ringraziamenti mi ha colpito questa frase “mi scuso in anticipo con i varesini e i piacentini, ma alcuni luoghi e strade me li sono inventati”.
Tu sei napoletana trapiantata a Roma, come mai hai scelto di ambientare il tuo libro in una zona da te distante come quella di Varese?
Perché odio ripetermi. Ho ambientato a Napoli i mio romanzo autobiografico La scelta di Giulia, e volevo che i fatti che racconto in Anatomia di un mostro avvenissero in luoghi a me completamente estranei. E devo dire che lo straniamento mi ha stimolato la fantasia
Questo è il tuo primo romanzo crime: un thriller che sfocia nel noir.
Cosa ti ha spinto a cimentarti in questa nuova tipologia di scrittura?
L’ho già detto: odio ripetermi. Mi sentivo appiccicata addosso l’etichetta di scrittrice di romanzi storici. Ne ho scritti quattro e sentivo il bisogno di cambiare genere. Misurarmi con qualcosa che non conoscevo. Da lettrice non mi piacciono gli scrittori che scrivono sempre lo stesso libro.
Se dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sarebbero?
Napoletana, caparbia, ironica
Se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti mai fare a meno, ovviamente escludendo la scrittura, quali sarebbero?
I miei nipoti, la lettura e il mare
Prima di salutarci e anzi, proprio per inaugurare un saluto d’eccezione, che messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
Auguro di non perdere mai la curiosità.
ThrillerLife ringrazia Brunella Schisa
a cura di Alessandra Panzini e Leonardo Di Lascia