In piedi sui gradini dell’ingresso di casa, Agneta saluta le figlie e i nipoti che salgono in macchina per tornare a Stoccolma. È stata una bella giornata in famiglia, una delle tante. Lo squillo del telefono interrompe la scena. Agneta solleva il ricevitore del vecchio apparecchio fisso nello studio, e all’altro capo una voce maschile dice una sola parola: Geiger. Dopo un attimo di esitazione, Agneta sale in camera da letto per riscendere in salotto con una pistola in mano. Stellan, l’uomo con cui è sposata da una vita, sta leggendo un libro sulla sua poltrona. Gli si avvicina lentamente, senza far rumore. Punta la pistola all’altezza della testa. Spara. Per la polizia l’omicidio di Stellan Broman, popolarissimo anchorman della tv svedese negli anni Settanta e Ottanta, ha tutta l’aria di una rapina finita male. Intanto, di Agneta Broman si sono perse le tracce. Il caso non sarebbe di competenza dell’agente Sara Nowak, che però è cresciuta a stretto contatto con la famiglia della vittima ed è pronta a sfidare il regolamento pur di fare luce sulla tragedia. Scoprirà a sue spese di essersi infilata in un labirintico gioco di spie che attende da quarant’anni un vincitore. Un intreccio di avvenimenti nel fitto del quale si nascondono misteri irrisolti fin dai tempi della Guerra fredda, ma anche verità sconcertanti sulla sua stessa infanzia.
RECENSIONE
Chi ha letto i romanzi di John Le Carré, Robert Ludlum o di Ian Flaming sa quanto sia difficile scrivere una spy story credibile. Per farlo occorrono diversi talenti, a partire da una profonda conoscenza di un mondo di per sé misterioso e inaccessibile come quello degli agenti segreti. Inoltre è necessario definire il perimetro storico e geopolitico all’interno del quale sviluppare la trama, perché quella che comunemente viene definitiva intelligence cambia a seconda del paese di appartenenza, ma anche delle condizioni storiche e politiche, un autentico magma di informazioni all’interno delle quali orientarsi può portare fuori strada anche lo scrittore più intraprendente. Se poi si vuole anche dare vita a dei personaggi che non siano i soliti stereotipi monodimensionali del genere, allora il gioco si fa davvero complicato, forse addirittura proibitivo.
Ecco perché il romanzo di Gustaf Skördeman merita di essere salutato come un autentico prodigio, tanto che quelle cinque stelle attribuite come voto finale appaiono fin troppo esigue per rappresentarne tutto il valore, tanto più che Parola d’ordine Geiger è un’opera prima, connotata quindi da tutte le difficoltà che comporta il volersi proporre come autore di un genere i cui epigoni sono considerati autentici miti inarrivabili.
Ma l’opera dell’autore svedese possiede davvero tutti quei sacri crismi capaci di tenere il lettore incollato alla sedia, almeno finché uno dei tanti colpi di scena non impongono un proverbiale salto con tanto di esclamazione di stupore, a partire dal mistero che si cela dietro la parola d’ordine “Geiger”, una particella verbale infinitesimale che ha però il potere di scatenare una serie di eventi incredibili nella loro evoluzione ma, come detto, assolutamente convincenti e realistici.
Skördeman, forte dell’esperienza come sceneggiatore e regista, sa bene di cosa ha bisogno il lettore che non si accontenta della solita vicenda fatta di spie e intrighi internazionali. Partendo dal presupposto che tutto ciò che accade tra le pagine del libro deve apparire talmente vero da far dubitare di essere alle prese con una sorta di saggio storico travestito da romanzo, Skördeman attinge a piene mani non solo dalla storia del recente passato europeo ma anche al mondo contemporaneo, con un’attinenza a quanto sta accadendo in questi giorni che lascia sconcertati. Il libro infatti è apparso in Svezia due anni fa, quando l’idea di una rinnovata contrapposizione tra Est e Ovest poteva ancora essere considerata materia buona e forse anche un po’ vetusta solo per un buon libro di intrattenimento.
La potenza evocativa del romanzo deriva non solo dalla sua fortissima correlazione con fatti e personaggi realmente esistiti, appartenenti alla storia più o meno recente dell’Europa e della Svezia (dove il libro è ambientato) ma dipende anche dalla scelta di voler raccontare tra le pieghe della trama principale una serie di vicende umane e profondamente dolorose che colpiscono il lettore fino a fargli dimenticare lo scorrere del tempo.
Il personaggio principale del romanzo, la poliziotta Sara Nowak (cui sarà destinato un ciclo narrativo di cui Parola d’ordine Geiger è solo il primo capitolo) è una figura profonda, tormentata, stupendamente vera come non se ne leggeva da tempo. Fortissima nella sua determinazione, eppure estremamente fragile quando è costretta a fare i conti col proprio passato e con una vita familiare nella quale il lettore non può fare a meno di identificarsi, Sara è qualcosa di più di una Kay Scarpetta o una Ellen Ripley. Certo, sa maneggiare una pistola e non si fa scrupoli ad adottare metodi brutali quando è consapevole che l’applicazione della legge non è una punizione sufficiente. Tuttavia è l’emotività che la caratterizza, un tema dominante del personaggio che per Skördeman rappresenta anche la via attraverso cui rappresentare ossessioni, paure e debolezze di una donna moderna in lotta con un mondo profondamente sporco e maschilista.
Proprio grazie a Sara Nowak il libro acquisisce una connotazione in più rispetto alla categorizzazione di genere, tanto da diventare oltre che spy story e thriller, anche un romanzo di denuncia delle mille violenze cui il corpo e l’animo femminile sono sottoposti negli anfratti più bui della società. Skördeman racconta abusi e soprusi senza reticenze, consapevole che solo mettendo in luce certi orrori è possibile darvi una connotazione di autenticità, qualcosa capace di andare oltre il mero intrattenimento che un romanzo come questo comunque rappresenta.
Il talento che Skördeman ha riversato in questa sua opera prima è riconoscibile non solo nella qualità della prosa, fatta di dialoghi efficaci e visioni introspettive dei personaggi in perfetto equilibrio con le dosi abbondanti di azione e dinamismo della trama, ma anche per aver scelto di raccontare il mondo delle spie evitando eccessivi modernismi. Per certi versi Parola d’ordine Geiger è un thriller della vecchia scuola, in cui a contare sono la storia e i personaggi e non il bisogno spasmodico di sorprendere il lettore con l’uso di tecnologia da fantascienza e intrecci esagerati e fumettistici.
Quello raccontato da Skördeman è il mondo vero, quello che stiamo vivendo proprio in questo momento, con tutto il peso delle sue incongruenze e di quell’inconcepibile violenza frutto di scelte oscure, minacciose, orientate ad una visione globale che non tiene mai conto della sofferenza dei singoli e anche di interi popoli. Un percorso perverso, un gioco di specchi all’interno del quale l’autore spinge i propri personaggi a compiere scelte estreme, per rivelarne gli aspetti più profondi e dolorosamente umani.
Alla fine, quando anche l’ultima pagina è conclusa e il finale ha sciolto almeno parte dei nodi affiorati durante la lettura, l’immagine che resta impressa è quella di Sara Nowak, piegata ma non spezzata, pronta a rialzarsi in attesa non della prossima missione e nemmeno di un’avventura epica. Non è questo ciò che racconta Skördeman. Il suo è piuttosto un invito a guardare alla realtà, a quello spazio angusto che sta tra il cuore degli esseri umani e le scelte che possono determinare il destino di intere nazioni. Senza dimenticare che, dopotutto, questo è solo un romanzo da leggere, un thriller a cui speriamo di poter aggiungere al più presto nuove storie intrecciate a frammenti di autentica verità.
Traduzione: Alessandro Borini e Samanta K. Milton Knowles
Editore: Rizzoli
Pagine: 473
Anno pubblicazione: 2022
AUTORE
Gustaf Skördeman è nato nel 1965 in Svezia. È sceneggiatore, regista e produttore. Parola d’ordine Geiger è il suo romanzo d’esordio, il primo della serie con protagonista l’agente Sara Nowak