Sacha Naspini, nato a Grosseto nel 1976, è un artista eclettico tra i più apprezzati autori del panorama contemporaneo. Scrive per il cinema e per la TV, i suoi libri vengono tradotti in 26 Paesi e svariati sono i riconoscimenti prestigiosi per le sue opere. Collabora come editor e art director con varie realtà editoriali. È autore di numerosi racconti e romanzi, tra i quali ricordiamo L’ingrato (2006), I sassi (2007), Cento per cento (2009), Il gran diavolo (2014), Le Case del malcontento (2018 – Premio Città di Lugnano, Premio Città di Cave, finalista al Premio Città di Rieti; da questo romanzo è in fase di sviluppo una serie tv), Ossigeno (2019 – Premio Pinocchio Sherlock, Città di Collodi), I Cariolanti (2020), Nives (2020) e La voce di Robert Wright (2021). Spazia tra vari generi letterari, dal romanzo storico al thriller, dalla novella toscana al romanzo corale, sorprendendo i lettori per la duttilità del suo stile narrativo.
La prosa pungente e la capacità di svelare i movimenti psicologici più intimi dei suoi personaggi fanno dei romanzi di Sacha Naspini un crocevia di emozioni e rabbia contrastanti. La voce aspra della terra maremmana risuona in ogni pagina e diventa scenario evocativo di storie dal sapore ferroso, il gusto del rancore e della colpa, ricordando le strade polverose, che impastano sogni e dolori, del profondo Sud di Verga o di Steinbeck.
Le nostre Assenze, recensito da ThrillerLife Qui, dopo dieci anni dalla prima pubblicazione, ritorna in libreria in una nuova versione. Fortemente autobiografica la storia di Sacha travolge il lettore per lasciarlo senza più difese, abbattute tutte le barriere e cadute le maschere. Un romanzo intenso e graffiante.
Sacha Naspini ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande
1. La persona che mi aveva messo al mondo era stata pronta a cambiarsi il nome. A cancellare tutte le tracce di sé. Allora anch’io mi sentivo svanire…
Solitudine, smarrimento, rancore, sensi di colpa strisciano fuori e al di là delle pagine investendo il lettore senza pietà. Oltre a questo buio c’è un barlume di speranza? Ci si può reinventare per rinascere con più luci che ombre? Quali sono i sentimenti che vorresti smuovere in chi leggendo ritrova frantumi di se stesso?
Alla fine siamo tutti danneggiati, ognuno a nostro modo. Da lettore, amo quegli scrittori, quelle scrittrici che non si fanno problemi a tirare la coltellata sulla ferita; cerco i libri che mi spostano il pavimento da sotto i piedi, la carezza della buonanotte non m’interessa. Ultimamente negli incontri viene fuori la metafora dell’impossessato: quando l’esorcista pronuncia il nome del demone, questo abbandona il corpo. Forse scrivere libri non è poi tanto diverso: il titolo è il nome di quell’ombra. Probabilmente non ti liberi da niente, ma già provare a nominare una particolare china delle dinamiche interiori può essere qualcosa. Magari muove corde segrete. Magari per la prima volta ne avverti il suono. E ti riconosci.
2. Riapprocciarsi a questa storia, vissuta dieci anni fa nella prima edizione pubblicata da Elliot, è stato emotivamente impegnativo? La rilettura del tuo scritto sotto la lente di uno sguardo più maturo ha rilevato le ingenuità di una penna meno esperta o ne ha apprezzato la freschezza? Ci sono state parti del testo migliorate, cambiate o eliminate?
Con E/O stiamo facendo un bel percorso: alterniamo un nuovo titolo a quelli della mia backlist. È già successo con I Cariolanti, adesso è la volta delle Nostre assenze. Nel primo caso è stato semplice: abbiamo riaperto quel file, riequalizzato piccolezze. Per quanto riguarda Le nostre assenze c’è stato un lavoro del tutto diverso. La vecchia edizione si sviluppava in tre parti: fine dell’infanzia, adolescenza e resa dei conti nell’età adulta del protagonista. Nella versione appena uscita mi fermo alla prima sezione. La vicenda si compatta sulla linea sfumata di quella trasformazione. Più di un terzo è stato tolto e riscritto.
3. Il protagonista insegue il sogno di trovare il tesoro che riscatti i vuoti della sua vita. La ricerca spasmodica di serenità e appagamento fa parte di tutti noi. Quale tesoro vorresti disseppellire per ritrovarti più felice?
Scrivere e vivere di scrittura non è solo un lavoro: ti permette – anzi, in un certo senso ti obbliga – a stare con le finestre aperte, lo sguardo rivolto a tutto. Non c’è tema che d’un tratto non possa diventare lo spunto di una storia… Insomma, solo per dire che la dimensione dello scavo è continua. Rompere la crosta della superficie; come dicevo prima: il tentativo costante di dare un nome alle complessità. Ma non si parla di pedagogia, né di soluzioni: fotografare. Evocare. Prendere dei personaggi e muoverli all’interno di una vicenda, per restituire un pezzetto dell’esperienza umana.
4. “Il punto era aprire un varco e sbucare da qualche parte.” Il ragazzo è diventato adulto, è riuscito ad aprire quel varco? E cosa ha trovato? C’è un’evoluzione che ritroveremo in un romanzo successivo?
Le nostre assenze si basa su fatti realmente accaduti. È in gran parte la storia mia e della mia famiglia. Non è escluso che in futuro prenda le due parti cassate in quest’edizione per continuare il gioco (al massacro?). Il tempo deciso dal romanzo è comunque una prima persona-passato. Da qualche parte il protagonista è sbucato, come capita a tutti.
5. “Un giorno ci raccontammo le nostre storie senza peli sulla lingua. Io davo un pezzetto della mia e lui rispondeva con un morso della sua. Era come spogliarsi un palmo alla volta”
Nella seconda parte del romanzo, il protagonista stringe amicizia con Davide ed è un’amicizia diversa da quella avuta da bambino con Michele. Spesso gli amici intimi sono coloro che riflettono in qualche modo una parte di noi; Davide e Michele cosa hanno rappresentato per il protagonista?
Michele è il nodo sepolto con cui il protagonista deve fare i conti. Davide è un personaggio leso, che però muove la pedina della lotta comune. Nonostante tutto guarda al futuro, che appare come un immenso rompicapo strapieno di luci e ombre, specie se ipotizzato da quell’età.
6. Il passato, gli esempi o la mancanza di esempi… Quanto influiscono nella costruzione della personalità di ogni essere umano?
Influisce tutto. L’identità è un tema che mi è molto caro, specie nella dimensione del passaggio psicogenetico che ci riguarda. In parole povere: quanto siamo definiti da ciò che non conosciamo? Discorso che ho cercato di affrontare in Ossigeno – ma anche Le Case del malcontento, Nives e La voce di Robert Wright non abitano molto lontano. Nelle Nostre assenze c’è addirittura un protagonista senza nome. Un po’ come se – a parte la questione legata all’anagrafe – toccasse proprio a lui darsene uno. Partendo dalle figure che gli stanno intorno.
7. Se dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sarebbero?
D’impulso: viaggio. Musica. Curiosità.
8. Se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti mai fare a meno, ovviamente escludendo la scrittura, quali sarebbero?
Ripeterei quelle appena dette sopra.
9. Prima di salutarci e anzi, proprio per inaugurare un saluto di eccezione, che messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
L’augurio di imbattersi in libri coraggiosi. E (la rubo a Lacan, mi pare) di giocare la vita. Non farsi giocare.
ThrillerLife ringrazia Sacha Naspini
a cura di Patty Pici e Claudia Pieri