Dalle nove a mezzanotte
Recensione di Giusy Giulianini
Estate 1963. Brisa è una spilungona con un bel corpo, un naso “importante” e una vistosa eterocromia che impressiona chi la guarda. Non solo: Brisa è una stria, una strega in grado di leggere il futuro degli altri anche solo sfiorando una fotografia con una ciocca dei suoi lunghi capelli. La gente si rivolge a lei per sapere come finiranno le storie d’amore, proprie o di personaggi famosi, oppure per ritrovare parenti scomparsi. Durante una gita all’Isola d’Elba, l’intervento di Brisa permette di salvare la vita a Jolanda, una giovane donna caduta dal traghetto. Ma si era davvero trattato di un incidente? E, poi, che fine ha fatto la vecchia Avemaria, scomparsa all’improvviso dopo aver portato fiori al cimitero? Mentre alcuni misteri del passato trovano finalmente una soluzione e vecchi amori tornano a bussare alla porta del presente, Brisa si troverà coinvolta in una vicenda che solo la sua presenza di spirito permetterà di districare.
Recensione
Il secondo romanzo con lo stesso protagonista è per ogni autore una sfida e una prova ardua. Paola Rambaldi dribbla l’ostacolo con brio disinvolto, regalandoci una storia nera come solo certe storie di paese sanno essere, una protagonista che a dispetto dell’eterocromia sa vedere lontano e uno struggente angolo di mondo fotografato nei primi anni ’60, tra bassa padana e collina, miseria e boom economico.
Brisa, la protagonista, è fuggita da Gorino, suo paese natale, per sottrarsi al malanimo dei compaesani da sempre puntato contro quei suoi occhi sconcertanti, uno color ghiaccio e l’altro nero, e il suo viso poco attraente. Gli uni e l’altro però non hanno mai impedito alla gente di correre da lei per sfruttare la sua abilità di strega, capace di indovinare la sorte delle persone passando una ciocca di capelli sulle loro fotografie. Anche quel suo “dono” però le è diventato molesto e Brisa non vuol più vedere le immagini angosciose che spesso le si formano nella mente quando la interrogano sugli scomparsi, su Lucianino per esempio, un bambino sparito da casa e mai più ritrovato. Così Brisa se ne va, per rifugiarsi dalla zia Lina che abita al Borgo, a Castello di Serravalle, a farle da serva e a essere derisa dai cugini. Alle cugine poi deve anche fare da accompagnatrice, lei che ormai ha trent’anni ed è vista come una irrimediabile zitella. Anche in quella sua nuova sistemazione, però, sembra che le disgrazie la inseguano: prima scompare la vecchia Avemaria, che si muoveva di casa solo per visitare il cimitero, seguita da un’altra anziana, la Malachina, che viene trovata strangolata. Da Gorino poi arriva la notizia della morte di Marchino, un bimbo precipitato dalla finestra e ritrovato al suolo privo di una scarpa, come accadde al piccolo Luciano sette anni prima. Mentre Brisa tenta la lenta e faticosa conquista di un lavoro regolare e un’abitazione indipendente, finisce per incappare in tutti questi inquietanti misteri. Quando poi a sparire sarà la figlia di Primino, amore mai dimenticato, Brisa dovrà comprendere se il sogno di un futuro diverso può avere la meglio sul passato.
Dalle nove a mezzanotte è una riuscitissima favola nera in cui cinismo, abiezione, perversione incontrano l’ingenuità di un mondo appartato, distante pochi chilometri dalla città, eppure ancora conteso tra la miseria del dopoguerra e la smania della ricostruzione. Lo abita una vivida folla di bottegai, pescatori, becchini, piccoli delinquenti, spesso disposti a tutto pur di sbarcare il lunario e conquistarsi il diritto a una vita migliore. L’invidia diviene avidità e qualunque mezzo, anche il furto o peggio l’omicidio, è lecito pur di affrancarsi da quella miseria. Nessuna crudeltà è risparmiata, per qualcuno la vita degli altri è solo un incomodo sulla strada della ricchezza. Così accade nei piccoli borghi adagiati sulle prime colline bolognesi o spersi nella piatta pianura, peggio ancora nelle contrade affogate di nebbia nel Delta del Po.
Paola Rambaldi dipinge quelle terre con sapiente realismo, strette in un autunno di gelo che noi abbiamo ormai dimenticato, silhouette in bianco e nero quasi che la miseria di molti le abbia private del colore. Paesi di rari passanti, isolati di notte perché le corriere non fanno servizio e poche sono le auto private, animati solo nei bar dove a tener compagnia sono le carte e i pettegolezzi.
Eppure un’inaspettata tenerezza ci assale davanti ai tanti riferimenti storici e di costume con i quali l’autrice punteggia il racconto, a evocare un mondo che ancora si stupiva, gioiva, rabbrividiva, piangeva. Un mondo ben diverso da questo nostro presente, cinico e inaridito. Ci pare di vedere la folla commossa e inorridita alla notizia del disastro di Longarone, di quella sera che cancellò il paese, o dell’assassinio di Kennedy che cambiò l’America. Ma con altrettanta prepotenza erompe dalle pagine della Rambaldi il sibilo delle fruste degli sciucarén (n.d.r. schioccatori) accompagnati dalla banda di paese nella festa patronale o le note languide di I can’t stop loving you sussurrate dal juke box. Come esplode vivido «il neon con la scritta Bevi Cynar! Difende fegato e nervi ed è ricco di vitamina B [che] illumina le spalle del barista», quasi a sollecitare gli avventori verso la modernità.
E che dire dei personaggi? Sono ritratti tutti con convincente evidenza materica, donne e uomini di carne, ossa e sangue (molto sangue!). Brisa, una spanna avanti agli altri. Ancora ingenua e insicura ma determinata a conquistarsi un futuro, preda di quel suo “dono” ma generosa nel concederlo a chi ne ha bisogno, non più disposta a farsi tiranneggiare dai parenti egoisti eppure pronta a portare in salvo la cugina. E innamorata, con fedeltà, di quell’unico uomo, anche se crede di non meritarlo per la sua scarsa avvenenza. Attorno a lei una folla di comprimari, irresistibili per grettezza, crudeltà, dabbenaggine. Un cameo di purezza, l’incantevole Bianca e la ghiandaia che la piccola ha curato ricevendone in cambio amore eterno.
In Dalle nove a mezzanotte Paola Rambaldi confeziona un piccolo gioiello da non farsi sfuggire, un romanzo che vibra di note favolistiche ma che rabbrividisce nei colori di quel “gotico padano” che ha fatto grande il cinema di Pupi Avati.
Editore: Clown Bianco Edizioni
Pagine: 250
Anno pubblicazione: 2022
Paola Rambaldi è originaria di Argenta (FE), trasloca spesso e attualmente vive a Castello di Serravalle (BO).
Impiegata per quasi trent’anni in una multinazionale dell’informatica, è riuscita a rimanere digiuna sia di hardware che di software. E nonostante il quantitativo industriale di relazioni, offerte e contratti commerciali digitati ha mantenuto concentrato il pensiero sulle proprie fantasie noir.
Dalle nove a mezzanotte è il sequel di Brisa (Edizioni del Gattaccio, 2018). Ha inoltre pubblicato Bassa e nera (ed. Pontevecchio), La fudréra (ed. REM) e tanti racconti in riviste e antologie (con Elliot, Pendragon, MobyDick, Sperling & Kupfer, Laurum, Zona, Felici, Stampa alternativa).
Finalista per il soggetto cinematografico a Storie del nuovo millennio 2003 e Premio Teramo 2005.
Scrive di cinema nella rubrica “La schermitrice” su Thriller Magazine e recensisce opere di narrativa su Libro guerriero.