Riccardo Landini nasce in Emilia nel 1960, ma le sue origini sono romagnole.
Dal liceo classico passerà agli studi di giurisprudenza per svolgere poi il lavoro di avvocato.
La sua passione per il cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta lo porteranno ad insegnare storia del cinema e organizzare diverse rassegne cinematografiche.
Accanito lettore dei più disparati generi letterari e di diversi autori, uno su tutti Piero Chiara , il mio rifugio nei momenti bui, a cui ha recentemente dedicato un racconto pubblicato nell’antologia Delitti d’acqua dolce n. 6 (Morellini editore).
Nel 2000 Riccardo Landini ha scritto e diretto il film Buiomorte, un horror dalle tinte splatter. Nel 2009 ha esordito con il romanzo E verrà la morte seconda, a cui è seguita la trilogia Il primo inganno, Non si ingannano i morti e Ingannando si impara.
Vincitore di diversi premi letterari, ricordiamo nel 2013 il premio Giallo Stresa e nel 2018 Laica in giallo.
Con la Newton Compton ha pubblicato Il giallo di via San Giorgio, dove per la prima volta è comparso il personaggio di Astore Rossi.
Segue poi Il giallo della villa abbandonata e Il giallo del paese maledetto (precedentemente pubblicato con il titolo Segreti che uccidono)
La strana morte di Alessandro Cellini – Un nuovo caso per Astore Rossi è la sua opera più recente.
Scrivono di lui : «Astore Rossi ormai è diventato un amico, con le sue fragilità e i punti di forza nei quali il lettore può ritrovare sé stesso.»
L'autore ha un modo di comunicare con il lettore che definisco sublime e delicato; senza particolari fronzoli; colloquiale ma ricercato allo stesso tempo - Chantal
Riccardo Landini ha gentilmente risposto alle nostre domande
1. Ho letteralmente adorato il personaggio di Astore Rossi ed è stato inevitabile pensare che per essere così in sintonia con un personaggio, forse questo deve avere qualcosa di te. O forse lo capisci così bene proprio perché è una tua creatura?
Potrei ribaltare il discorso dicendoti che io sono una sua creatura in quanto è lui che mi costringe a scrivere la sua storia, ad essere il suo biografo ufficiale. E guai se sgarro!
Pensa che una volta stavo scrivendo un passaggio in un capitolo e avrei voluto modificare la stesura rispetto a ciò che Astore mi aveva raccontato.
Bè, mi sono ritrovato a fine capitolo avendo scritto esattamente quello che lui mi aveva descritto. Non c’è stato modo di cambiare una virgola anche perché, ovviamente lui sa bene come sono andate le cose nelle sue avventure.
Del resto sin dalla sua genesi il nostro incontro è stato davvero singolare.
Ti racconto: un mattino di parecchi anni fa stavo tornando in ufficio dopo un impegno con un cliente in un’altra parte della città.
Ero a piedi e, per far prima a rientrare, avevo deciso di attraversare un dedalo di stradine del centro storico.
Mi sono ritrovato così in una di queste, davanti alla vetrina di un anziano restauratore. La via era silenziosa, costellata di serrande chiuse e di vecchi manifesti strappati sui muri umidi degli edifici.
E dietro il vetro si apriva una piccola bottega dove un vecchio artigiano stava lavorando chino su di una cornice di legno dorato.
Dopo averlo osservato per qualche istante, stupito che potesse sopravvivere, economicamente parlando, in una zona così depressa, ho ripreso il cammino senza pensarci più.
La giornata è trascorsa normalmente sino alla sera quando sono andato a dormire. Il giorno successivo, al mio risveglio, avevo in mente tutto “Il giallo di via San Giorgio”, praticamente dalla prima all’ultima parola.
Devo ritenere che Astore abbia colto l’occasione per venirmi a trovare durante il sonno così da potermi raccontare la sua storia personale.
E io, ovviamente, ne ho approfittato per diventarne, come mi definisco, il biografo ufficiale. O forse lui stesso me lo ha imposto.
Insomma, alla fine siamo due persone ben diverse, ma che si intendono alla perfezione.
2. I luoghi descritti sembrano toccare il cuore di Astore. Quanto sono vicini al tuo di cuore? Sto pensando alla cittadina in cui vive il protagonista, con quel velo di nebbia o alle vette spolverate di nevischio; quando descrivi bar o trattorie, sembra tu le stia guardando, o che tu abbia vissuto quei luoghi.
Mi è rimasta impressa un’immagine, che forse ha creato la mia fantasia guidata dalle tue parole, di questa palazzina praticamente disabitata con una bottega ai suoi piedi.
Amo molto le cosiddette strade morte, quelle come via San Giorgio dove abita e lavora Astore. Adoro i paesi di montagna, in particolare quelli sull’Appennino tosco-emiliano, tant’è che di recente mi sono trasferito in uno di essi, coronando un sogno che cullavo da tanti anni.
E poi mi piacciono molto i locali dove si respira l’aria degli anni Sessanta, quelle vecchie trattorie con i tavoli di legno pesante coperti da tovaglie a scacchi, con tante foto in bianco e nero alle pareti. Lì si respira il passato, si torna a ritroso nel tempo, a epoche che rimpiango.
Per cui questi luoghi li sento davvero miei, come se li vedessi, anzi li vivessi mentre scrivo.
Devo ammettere tuttavia che quando dico di preferire le giornate di pioggia, di nebbia o di nuvole basse, le giornate fredde e uggiose che ci sono dalle mie parti, raramente incontro il favore dei miei interlocutori.
Astore invece è d’accordo con me; se non fosse così non abiterebbe dove sta e non avrebbe scelto una vecchia baita diroccata in mezzo ai boschi e alle montagne per le prime vacanze della sua vita.
3. Sin dalle prime pagine ho visto il prequel di quest’opera e ne ho intuito una storia costruita ad hoc ; alla fine ho anche sperato che continuasse.
Quando hai scritto il primo libro di questa serie, sapevi già che non sarebbe stato l’ultimo che avrebbe visto Astore Rossi come protagonista?
Come ti ho già detto, essendo un mero estensore della biografia di Astore Rossi sin dalla prima storia che mi ha raccontato sapevo già che ne sarebbero seguite altre, indipendentemente dal successo che avrebbe potuto riscuotere.
Devo confessare che nemmeno io mi aspettavo di incontrare un tale favore da parte dei lettori, per lo meno a questi livelli. Invece il mio protagonista non ne dubitava affatto oppure la compulsività, la necessità per lui di raccontarsi è troppo forte e irrefrenabile.
Tanto che ho già scritto ben otto episodi della sua vita, il che significa che, al ritmo di uscita di uno ogni dodici mesi, per altri quattro anni potrei anche staccare la spina per quanto lo riguarda.
Temo sarà dura però, lui ha ancora così tanto da raccontare.
4. Chi, come me, ama le descrizioni delicate, si sarà accorto che più volte in quest’opera hai usato il contesto ambientale per amplificare i sentimenti di Astore Rossi.
Uno stile immersivo che dipinge letteralmente le pagine.
Per esempio, quando il protagonista si lancia alla ricerca della religiosa Addolorata, apparentemente morta nell’incendio o uccisa dalla sorella, in un paesino sul Po, sul fiume si crea una coltre di nebbia che “trasformava strade in deserti in cui si incrociavano altri viaggiatori dispersi…”, sbaglio nel pensare che volevi comunicare una sensazione oltre che descrivere il suo recarsi in un luogo?
Quanto è importante comunicare una sensazione fisica al lettore?
Io vedo i miei romanzi come film nei quali il protagonista è anche lo stesso lettore che si ritrova quindi all’interno delle pagine, nelle mie descrizioni, mangia ciò che mangia Astore, respira i profumi nell’aria che lui respira, prova le sue stesse emozioni.
In fondo è ciò che Umberto Eco intendeva dire quando spiegava che chi legge tanti libri vive altrettante esistenze.
E poi credo che la descrizione dei luoghi, l’atmosfera di un racconto, riflettano l’animo dei protagonisti, completino la narrazione pur senza essere, come accade purtroppo a diversi miei colleghi, di diventare degli elementi preponderanti rispetto al resto.
5. Per chi si è avvicinato solo ora al tuo mondo narrativo e volesse approfondire recuperando le tue opere precedenti, quale titolo consiglieresti e perché?
Sicuramente “Il giallo di via San Giorgio” perché è il primo della serie di Astore ed è quello dove si impara ad amare il personaggio nelle sue fragilità, nelle sue debolezze, nelle sue idiosincrasie particolari, oltre a conoscere il suo pesante passato.
Poi suggerisco di leggere un titolo della serie dell’Inganno, serie edita da Cento Autori, dove il protagonista è Brenno Sandrelli, un personaggio che amo molto e che vive storie dallo spirito marcatamente noir.
Se poi qualcuno volesse approcciarsi al mio lato più leggero consiglio “Il passato è un fuoco che brucia”, edito da Oligo.
Sono sette racconti con al centro il commissario Presti, collegati da un filo logico e cronologico, racconti il cui tono varia dal giallo puro, all’ironico, al poliziesco, al nero cupo.
6. Ho rivisto Carlos Ruiz Zafón nella tua penna, come dicevo nella mia recensione sulla tua opera ed è risaputo che gli autori assorbono molto dalle loro letture.
Quali sono i libri che ti hanno ispirato?
Quale autore ti ha fatto scattare la scintilla che ti ha portato ad amare lettura e scrittura? E quale ti accompagna oggi come un tempo?
Quando avevo nove anni mi fu regalata da un libraio l’opera omnia di Edgar Allan Poe e quel bellissimo volume della Sansoni, rilegato in cuoio rosso e con le pagine sottili come veline, cambiò letteralmente la mia vita (e i miei sonni di ragazzino).
Dal che si deduce quale fu il primo autore che mi ha accompagnato per tanti anni, insegnandomi a scrivere, ma soprattutto a creare le atmosfere, a colorare di nero le vite dei protagonisti, ad appassionarmi a un genere.
In seguito ho letto davvero tanto e di tutto, ho nutrito grandi passioni per diversi autori come per esempio Giuseppe Berto, Sciascia, Balzac.
E alla fine ho trovato il mio porto sicuro, il mio rifugio nei momenti bui, il mio totem personale. Il suo nome è Piero Chiara, uno scrittore oggi forse un po’ dimenticato, ma che andrebbe riletto, studiato, goduto come me lo godo io da tantissimi anni.
Ogni sua opera l’ho letta non so quante volte e l’ho apprezzata sempre come fosse la prima e forse anche di più.
Non per niente un mio recentissimo racconto, pubblicato nell’antologia “Delitti d’acqua dolce n. 6” (Morellini editore), l’ho ambientato proprio a Luino, suo paese natio, quale omaggio al Maestro.
7. Credo di essermi fatta una lontanissima idea di chi sia lo scrittore dietro le pagine che ho appena letto, ma se tu dovessi indicare tre parole che ti rappresentano, quali sceglieresti?
Ecco tre aggettivi che mi descrivono: ambizioso, appassionato, curioso.
Sono molto determinato in quello che faccio, non mi arrendo facilmente e cerco di dare tutto, ma proprio tutto, per raggiungere i miei obiettivi, anche se spesso mi costa una gran fatica.
E questo proprio perché ho una grande passione per quello che faccio, per quello che scrivo, per ciò che sento, per ciò in cui credo.
In più sono curioso, irrequieto, devo cambiare spesso la mia vita, talora anche radicalmente per seguire il mio istinto, i miei sogni, la mia voglia di conoscere posti e persone nuove.
Vorrei arrivare alla fine del viaggio e poter dire di aver vissuto intensamente, senza risparmiarmi mai, senza mai smettere di credere e sperare, senza mai poter pensare di essermi arreso.
Chissà se ci riuscirò…
8. Sappiamo che sei un autore prolifico, ma nella tua vita c’è sicuramente altro. Detto ciò, se dovessi scegliere tre cose di cui non potresti fare a meno, ovviamente escludendo la scrittura, quali sarebbero?
Il cinema, innanzitutto.
In particolare quello italiano degli anni Sessanta e Settanta, un ventennio purtroppo irripetibile per autori, attori, registi, compositori di colonne sonore, sceneggiatori.
La seconda cosa è la musica che mi accompagna sempre e dovunque.
Da ex musicista, con una breve carriera in un passato ormai lontano, ho sviluppato una vera dipendenza, tant’è che quando scrivo o quando leggo e anche quando affronto i tanti chilometri per andare a presentare i miei romanzi (e vi garantisco che ogni settimana ne macino un bel po’), la musica è sempre al mio fianco.
Per tua curiosità posso dirti che, mentre sto rispondendo a questa intervista, in sottofondo sto ascoltando Bach.
La terza cosa cui non rinuncerei mai è viaggiare.
E se per anni ho girato il mondo, fino agli angoli più nascosti e lontani, adesso sto finalmente riscoprendo l’Italia, battendola da nord a sud con i miei mezzi e il mio desiderio di godermi lo spettacolo.
9. Prima di salutarci, quale messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
Continuate a leggere, scegliete gli autori che vi soddisfano, quelli che amate, però non dimenticatevi di sperimentarne di nuovi.
C’è un intero universo che vi attende là fuori.
E poi frequentate le librerie, girate per le biblioteche, andate ai festival letterari, cercate di conoscere gli autori e le autrici che vi piacciono.
Per quel che mi riguarda vi aspetto!
Thriller Life ringrazia Riccardo Landini per la disponibilità
a cura di Chantal Guzzetti