Un giorno come un altro
Quando Shirley Jackson arrivò in ospedale per la nascita del terzo figlio, l’impiegata all’accettazione le chiese quale professione svolgesse.
E alla risposta «Scrittrice», replicò imperturbabile: «Io metterei casalinga». Senza volerlo, quell’impiegata aveva toccato un nervo scoperto – e colto nel segno.
L’autrice di uno dei più celebri e disturbanti racconti della letteratura americana moderna era anche, come emerge dagli irriverenti aneddoti familiari, un’eccentrica donna di casa e una madre spassosa e piena d’inventiva.
Ed è impossibile non riconoscere qualcosa di lei nelle stravaganti Mary Poppins che popolano questa raccolta, accompagnate da gatti parlanti e in grado di confezionare abiti con le coccinelle e i denti di leone del giardino.
Quanto al lato più macabro – quello che la spinge ad affrontare tormenti, aberrazioni, crudeltà, a sondare normalità, follia, soprannaturale e sordido, o ancora a rendere sottilmente inquietante la banalità di «un giorno come un altro», appunto -, il lettore non avrà che l’imbarazzo della scelta. Nessuno meglio di Shirley Jackson conosce «il male incontrollato» che si cela sotto la più linda e ordinata delle superfici.
E solo lei sa mescolare assurdo, comico e spaventevole – avvelenata mistura – portandoli alle estreme conseguenze con un’economia del dettato e un’acutezza del dettaglio del tutto inconfondibili.
RECENSIONE
Questa è una recensione che potrebbe richiedere appena una manciata di parole e sarebbero tutte scritte a lettere cubitali: LEGGETE QUESTO LIBRO!
Con quel punto esclamativo che vuole essere una sincera esortazione a farlo il prima possibile, perché chi vi parla sente addosso l’urgenza di coinvolgere altri lettori nelle meravigliose atmosfere che Shirley Jackson ha tessuto con questa manciata di racconti, piccole storie di “vita quotidiana” nelle quali un’aura magica delizia, emoziona e coinvolgere fin dalle prime righe.
Ammetto di non aver mai letto nulla della Jackson, nemmeno quel “L’incubo di Hill House”, romanzo gotico citato praticamente ovunque e considerato nientemeno che uno dei libri più spaventosi di sempre.
In più la Jackson è una delle fonti di maggior ispirazione di quel genio assoluto che risponde al nome di Stephen King, oltre che di altre decine di scrittori sparsi qua e là nel mondo.
Perciò, se vi state chiedendo il motivo di questa mia imperdonabile lacuna (che magari è anche la vostra) temo di poter offrire una risposta piuttosto banale: non era ancora il tempo.
Ma se è vero che tutto accade per un motivo e che le coincidenze non sono altro che i sintomi attraverso cui il destino si manifesta, ecco che “Un giorno come un altro” è finalmente arrivato qui sulla mia scrivania e adesso desidera essere raccontato anche da me.
Mi guarda mentre ne osservo la copertina e credo che lo spirito che abita tra le pagine di questo libro stia sorridendo all’idea di ciò che sto per dire.
Soddisfazione postuma di una scrittrice che purtroppo non c’è più e alla quale avrei voluto rivolgere un mucchio di domande, tutte precedute da un ringraziamento per ogni singola parola e, ancora di più, per tutto ciò che la Jackson ha lasciato in sospeso tra le righe, come fosse sottile polvere magica che si spande sugli occhi del lettore per conquistarne il cuore.
Magia.
Una parola che ricorrerà spesso in questa recensione e che descrive perfettamente i racconti che compongono l’antologia pubblicata da Adelphi.
Ma non parlo della magia un po’ fracassona di certi fantasy e nemmeno quella inquietante che il Re di Bangor ama distillare nelle sue opere.
Quella della Jackson è appena palmabile, quasi fosse un velo calato delicatamente sulle sue storie, una filigrana osservabile solo in controluce, come il pulviscolo che nelle calde mattinate estive si agita nella calura. E se pensate che sia facile scrivere una storia “magica” senza che il sovrannaturale sia palese, allora dovete rivedere i vostri paradigmi letterari e tuffarvi al più presto nei racconti della Jackson.
Come spesso accade, la scrittrice americana ha attinto a piene mani alle proprie esperienze personali per dare vita a trame e personaggi convincenti, amabili o detestabili a seconda della loro natura, ma anche tragicamente comici e surreali.
E, come talvolta accade nella vita di tutti i giorni, situazioni apparentemente normali si tingono di mistero e bizzarre inquietudini.
Andare in giro per negozi, fare una passeggiata nel quartiere o magari spiare con curiosità i nuovi vicini appena arrivati. Nulla di strano si direbbe in quelli che non sono altro che i piccoli gesti quotidiani a cui tutti siamo abituati e dai quali non ci aspettiamo nulla di diverso da una buona dose di normalità, qualunque cosa voglia dire.
Ma nell’universo narrativo della Jackson nulla accade senza che l’insondabile si manifesti, così anche acquistare una camicetta nuova o affidarsi alle cure di una solerte tata può assumere significati sorprendenti e, diciamolo ancora una volta, magici.
Per comprendere il senso di questa raccolta non bisogna sottovalutare il titolo: “Un giorno come un altro” riproduce perfettamente l’atmosfera che aleggia tra queste pagina.
Il lettore è trasportato in una serie di piccoli momenti quotidiani che nel loro insieme restituiscono l’atmosfera tipica della provincia americana, microcosmo ideale nel quale ambientare storie in bilico tra realtà e sogno.
Ma l’aspetto davvero sorprendente è la capacità della Jackson di riuscire a raccontare in pochissime pagine e con uno stile narrativo fluido e incisivo frammenti di vita densi di significato, banali solo in apparenza.
Sebbene la Jackson sia considerata un’autrice di storie horror, in questa raccolta non c’è nulla di realmente terrificante, se non il sospetto che anche nelle nostre vite quei piccoli e quasi impercettibili segnali misteriosi protagonisti dei suoi racconti ci abbiano fatto visita senza che ce ne rendessimo conto.
La durezza di alcune storie (non mancano temi impegnativi come la malattia, la morte e la violazione della privacy) è controbilanciata dall’assenza di violenza esplicita, anche se la sensazione di essere sempre ad un passo dal peggio è costante.
Ma sta proprio nel rispetto di questo confine la bellezza della raccolta, che non cede mai alla tentazione di andare oltre, di esagerare per diventare horror in senso assoluto.
La Jackson scrive in punta di penna, con una sottile vena ironica con cui alleggerisce ulteriormente l’atmosfera, quasi che il suo desiderio sia quello di raccontare favole piuttosto che drammi.
Tuttavia una vera e propria morale nei suoi racconti non c’è, se non quella con cui vuole dichiarare che la magia e il fantastico fanno parte della vita di tutti i giorni e che sta a noi saperli riconoscere, lasciandoci semplicemente trasportare dagli eventi e accettando che spesso ciò che ci accade non è sempre frutto del caso.
Che si tratti poi di magia vera o solo della fortunata azione degli esseri umani, anche questo è un mistero che Shirley Jackson sa raccontare come pochi.
Traduzione: Simona Vinci
Editore: Adelphi (Collana Fabula)
Pagine: 277
Anno pubblicazione: 2022
AUTORE
Shirley Jackson è stata una scrittrice e giornalista statunitense, nota soprattutto per L’incubo di Hill House del 1959 e La lotteria.
Ha esordito scrivendo per il prestigioso «The New Yorker» nel 1948.
Nella sua carriera ha scritto anche opere per bambini, come Nine Magic Wishes, e persino un adattamento teatrale di Hansel e Gretel, The Bad Children.
Muore per infarto nel 1965, forse a causa della terapia a base di psicoformaci che stava seguendo.