Gli occhi della notte
Recensione di Giusy Giulianini
Milano, fine novembre.
Le giornate più buie dell’anno fanno da cornice alla nuova indagine del vicequestore Giulia Ferro, alle prese con un caso particolarmente drammatico: la morte di Cinzia, una bambina di sette anni, scomparsa all’uscita da scuola e ritrovata cadavere in un boschetto ai margini del Parco Nord.
L’incubo che la bimba sia finita in mano a un gruppo di pedofili apre un’indagine che si presenta da subito complessa, faticosa, un ginepraio di false piste e vicoli senza uscita.
Il primo a finire nella lista dei sospettati è l’ex marito di una delle maestre della piccola, un individuo abietto condannato già in precedenza per violenze domestiche e revenge porn.
Molti testimoni, inoltre, segnalano la presenza nei dintorni della scuola di un ragazzo dall’aria stravagante. Anche il padre di Cinzia è un uomo dai molti misteri, a partire dal suo coinvolgimento negli affari della ’ndrangheta in Lombardia.
Al centro di una famiglia allargata dove non mancano ombre e tensioni, tenta invano di dipingere un quadro idilliaco e felice, destinato ben presto a incrinarsi.
Giulia può contare sull’aiuto dell’ispettore capo Alfio Russo, amico fidato e collega perspicace, ma ancora una volta è con i fantasmi del suo passato che deve prima di tutto combattere.
Quei fantasmi che la scelta di tornare a vivere a Milano ha riportato in vita, riaprendo vecchie ferite ma rendendo ancora più acuto il suo sguardo, più efficace quell’istinto che ostinatamente la guida sulle tracce della verità.
Recensione
Per chi legge, non importa se da semplice appassionato o in veste professionale, non c’è piacere più grande di chiudere un libro provando il medesimo coinvolgimento dell’inizio.
È quel che mi accade con i romanzi di Marina Visentin, fin da quel suo primo Cuore di rabbia (SEM, 2022) che ci ha fatto conoscere.
Come in quel caso, protagonista de Gli occhi della notte è il vicequestore Giulia Ferro, una donna realizzata professionalmente, una dirigente della questura di Milano, in lotta con un presente traboccante di crimini e con un passato personale da cui tenta di difendersi chiudendo la mente ai ricordi.
Non sempre ci riesce, non di notte almeno, quando il suo riposo è osteggiato da
pensieri orribili e immagini spaventose: cortei di scarafaggi e apparizioni di spettri, baccanali di mostri e tutto l’infinito inventario di paure e terrori
E a noi pare di vederla spalancare quei suoi “occhi della notte” su un abisso nietzschiano che senza sosta tenta di inghiottirla nel suo buio.
Come nel primo romanzo, anche la seconda prova di Marina Visentin vede dipanarsi un doppio mistero: il rapimento e la morte di Cinzia – una bambina di sette anni, bellissima e molto amata, ritrovata dopo un paio di giorni al Parco Nord, anzi (ironia della sorte) in prossimità dell’idilliaco Parco delle Favole – e l’enigma dell’anima di Giulia, che vive in una città in cui non voleva tornare, sfugge il contatto umano, non si rivela, eppure è capace di una rara empatia con le vittime.
Cede spesso, Giulia, a una rabbia che viene da lontano, da un’ingiustizia patita quando non poteva difendersi, che non vuole confidare ma che la tiene in ostaggio impedendole di immaginare un futuro.
E così, l’indagine e il mistero dell’investigatrice procedono in sinergia, con la medesima forza attrattiva sul lettore: da un lato un movente incerto (pedofilia, vendetta trasversale, coinvolgimento mafioso), nessun indizio, nessun sospettato, telecamere che tacciono o mostrano visuali opposte a quelle d’interesse, piste fiacche che l’una dopo l’altra si rivelano inconcludenti; dall’altro, fugaci scorci su una famiglia di tragici egoismi – genitori, sorella, nonna paterna – e sulle occasioni negate a una Giulia adolescente.
Un’indagine serrata e convincente nei tempi e nei modi investigativi, resa brillante dall’intuito della protagonista, un istinto che le permette di vedere qualcosa che magari c’era anche prima, sfocato e indistinto, ma che all’improvviso le appare
nitido come una scritta al neon, un quadro perfetto in ogni dettaglio, una fotografia tutta illuminata, insomma una risposta, bella, chiara, inconfutabile
E così Giulia riesce a restituire una parvenza di giustizia alla piccola vittima, misera e inadeguata comunque perché mai si dovrebbe morire a sette anni.
Non certo un trionfo il suo, ma la lotta quotidiana di chi soffre il contatto degli altri, anche di quelli che dovrebbero essere i suoi alleati, la sua stessa squadra.
Alcuni sottoposti infatti la detestano: l’ispettore Saporiti si fa un punto d’onore di sfuggire ai suoi ordini, la viceispettrice Neves sgomita solo per fare carriera.
D’altra parte il piemme Cardini è pavido e il questore Matrocca è «un puro distillato di ansia con guarnizione passivo-aggressiva».
Solo il suo vice, l’ispettore capo Alfio Russo, sa come prenderla e disarma – con battute e lazzi, ma soprattutto con la sua intelligente napoletanità – la rabbia di Giulia, condividendo però nel profondo il suo anelito alla giustizia e lo sdegno per un mondo imperfetto.
Sullo sfondo di una Milano che, parafrasando il titolo del film di Nicholas Roeg, potrei definire di “buio shocking” per i giorni di un dicembre declinato in una scala di grigi fino al nero assoluto, Marina Visentin costruisce un poliziesco di raro equilibrio, dove ragioni modi e tempi dell’investigazione si sviluppano in completa armonia con l’accurato scandaglio psicologico dei personaggi, la plastica resa dello sfondo ambientale e uno stile di narrazione sicuro, dinamico e accurato dove lo sguardo cinematografico vira con vivacità dal campo lungo al primo piano.
Tra il Parco Nord – oasi verde che però nel romanzo somiglia più a una terra di nessuno, dove senti gli alberi respirare. E noi animali ascoltiamo impauriti il quartiere Niguarda avvolto in un silenzio d’ovatta, si affaccia l’altra Milano, quella che conosciamo meglio: da via Fatebenefratelli della questura a via Manara del palazzo di giustizia, dalle sue chiese «oggetto del desiderio» per Giulia (Santa Maria della Pace e Santa Giustina) alla Rotonda della Besana, dal «sontuoso salotto» della Galleria Vittorio Emanuele alla «presenza rassicurante» del Duomo.
Una Milano che la protagonista percorre in un vagare senza sosta, forse per scoprire qualcosa che la induca ad amare quello che per tanto tempo ha odiato, per poi fermarsi sul suo terrazzo a tentare di penetrare con lo sguardo il buio gelido della notte.
Quel vagabondare di Giulia più che di ricordi è denso di riflessioni, mai oziose e fuori contesto, e dipana una trama di dolore e incapacità cui al lettore è arduo sottrarsi. Da Emily Dickinson a Charles Baudelaire, da Pessoa a Epicuro, senza trascurare Blaise Pascal, le citazioni si affollano nella mente di Giulia mentre cammina, con una naturale pertinenza che le sottrae a qualunque pretesa di sfoggio.
Per lei le parole scritte creano «una magia capace di aprire mondi» e recano con sé un potere salvifico capace, un tempo, di sottrarla al suicidio.
Giulia Ferro è una grande protagonista, vibrante di un genuino dolore di vivere e di una caparbia forza di sopravvivenza.
Alla sua seconda apparizione non ha perso nulla della sua trascinante intensità, anzi ha convinto e coinvolto con originale potenza d’impatto, confermandosi uno dei personaggi femminili più riusciti dell’attuale narrativa crime.
Editore: SEM
Collana: Zero
Pagine: 272
Anno pubblicazione: 2023
Marina Visentin, laureata in filosofia, giornalista, critica cinematografica, ha collaborato con numerose testate nazionali, scrivendo di cinema e costume.
Ha pubblicato testi di critica cinematografica, saggi sulla storia del cinema (Asian Terror – Il cinema horror dell’estremo oriente, De Agostini, 2004; The Science Fiction Universe – Enciclopedia del cinema di fantascienza, De Agostini, 2007), libri di filosofia e psicologia (Psicologia Finalmente ho capito!, Vallardi, 2007; Filosofia Finalmente ho capito!, Vallardi, 2007; Il lungo viaggio della Filosofia, Vallardi, 2014), romanzi noir dedicati in particolare all’esplorazione della condizione e della psicologia femminile (Biancaneve, Todaro Editore, 2010; La donna nella pioggia, Piemme, 2017; Cuore di rabbia, Sem, 2021), il divertissement filosofico Raffasofia (Libreria Pienogiorno, 2021), dedicato a Raffaella Carrà.