Il messaggio di Mai Jia

Il messaggio

Il messaggio

1941. Cina. Culmine del conflitto sino-giapponese.

Due uomini e due donne, agenti dell’intelligence al servizio del governo fantoccio di Wang Jingwei vengono scortati nella celebre Tenuta Qiu, una villa confiscata e occupata dall’esercito imperiale giapponese.

Si scopre, sin da subito, che tra loro si nasconde una spia. Nome in codice: Fantasma. Jin, Wu, Li e Gu dovranno rimanere rinchiusi fino a quando il traditore non verrà smascherato.

“Proprio qui, tra le nostre file, un agente comunista in incognito se la ride … Confessa o verrai denunciato”.

Il messaggio da decifrare è chiaro. La soluzione meno.

Ognuno di loro, infatti, ha una storia da raccontare a sostegno della propria integrità. E ogni versione è in grado di rovesciare la precedente.

Chi è colpevole? Chi innocente?

Si riuscirà ad arrivare a una conclusione univoca?

RECENSIONE

Nulla è come sembra e, se sei abituato a leggere gli occidentali, ti sentirai, almeno inizialmente, disorientato davanti a Mai Jia.

Il modo di scrivere del Dan Brown orientale è decisamente diverso da quello americano ed europeo e, soprattutto, difficilmente descrivibile.

Possono servire diversi giorni, o pagine, prima di entrare nel romanzo ma, una volta entrati, difficilmente se ne viene fuori.

A costo di fare avanti e indietro tra le pagine de Il Messaggio, ti viene voglia (lentamente) di capire chi è la talpa.

La scrittura, per i motivi di cui sopra, appare macchinosa ma la divisione in tre macro aree o macro punti di vista e narrazioni, facilita il compito del lettore che comunque risulta invitato, se non a conoscere a menadito, almeno a leggere per sommi capi il contesto storico in cui il romanzo è ambientato.

Se la storia non è il nostro forte, forse, risulterà complicato apprezzare questa vicenda.

Il fascino del racconto, perché in fin dei conti di fascino si tratta, deriva dal background dell’autore, impiegato tra le fila dei servizi segreti cinesi.

Questo gli permette, non solo di conoscere in profondità l’evoluzione politica della Cina ma, soprattutto, di poter costruire un racconto verosimile e stimolante.

Punto di debolezza è, almeno a parere di chi ha letto poco gli orientali, la seconda parte del romanzo.

Il lettore si ritrova di fronte a una sorta di meta narrazione disorientante in cui Jia, oltre a sbrogliare la matassa della spy story, spiega come ha raccolto le notizie per comporre il romanzo.

Era veramente necessario questo passaggio? Ai lettori l’ardua sentenza!

Il Messaggio di Mai Jia non si presenta come un racconto da leggere in assoluta spensieratezza.

Si tratta, piuttosto, di un libro fondamentale da avere in libreria ma da affrontare con una certa determinazione e voglia di scoprire un mondo molto distante da noi, tanto nella descrizione della trama quanto nella costruzione narrativa.

Se si ama il genere thriller, comunque, non si può non conoscere l’autore cinese, fosse anche per decidere di discostarsi definitivamente da lui e riprendere in mano storie immaginate e scritte da autori occidentali.

Traduzione: Fabio Zucchella
Editore: Marsilio
Pagine: 444
Anno pubblicazione: 2023

AUTORE

Classe 1964, Mai Jai, prima di diventare uno scrittore di successo, ha lavorato per i servizi segreti del suo paese.

È considerato il fondatore del genere thriller cinese.

Dagli anni del reclutamento ha attinto ispirazione per gran parte dei suoi personaggi.

Nella sua patria, dove ha vinto il prestigioso premio Mao Dun, è seguito da ben dieci milioni di lettori. Dai suoi romanzi sono stati tratti film e serie tv.

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