Chiara Montani, architetto di formazione, ha lavorato nel campo del design, della grafica e dell’arte, esplorando varie tecniche e materiali, e partecipando a esposizioni in Italia e all’estero.
Specializzata in arteterapia, conduce da anni atelier sulle potenzialità terapeutiche del processo creativo.
Con Garzanti ha pubblicato Il mistero della pittrice ribelle (2021), suo romanzo d’esordio (per leggere la recensione, clicca QUI), che ha ricevuto una Menzione della giuria del premio Giallo Garda (2022)
E’ stata poi la volta de La ritrattista (2022), che ha ricevuto una nuova Menzione della giuria del premio Giallo Garda (2023) e che è stato semi-finalista al premio Giorgio Scerbanenco 2022, finalista al premio Ceresio in giallo 2023 e finalista al concorso Nebbia gialla (2023).
Già in occasione di Nebbia gialla, Thriller life ha avuto il piacere di intervistare Chiara Montani (per leggere l’intervista, clicca QUI).
La scrittrice ha quindi accettato di rispondere alle nostre domande anche in merito alla recente pubblicazione del suo nuovo romanzo, Enigma Tiziano (per leggere la recensione, clicca QUI).
Thriller Life: Sei specializzata in arteterapia. Al valore terapeutico dell’arte si fa cenno in Enigma Tiziano, per esempio, quando la piccola Francesca, preoccupata per le condizioni di salute della mamma, trova sollievo nel gioco dei colori. Anche la scrittura ha o può avere una funzione terapeutica, e attraverso quali meccanismi?
Chiara Montani: La mia formazione in arteterapia si riflette molto nelle mie storie, dove le opere d’arte si fanno spesso canale di comunicazione e l’incontro con la creatività innesca percorsi di cambiamento nei personaggi.
Anche la scrittura, al pari di tutte le attività che attivano il processo creativo, senza dubbio riveste valenze terapeutiche ed esistono varie ricerche scientifiche a confermarlo. Può essere catartica, aiuta a riordinare i pensieri e favorisce anche una certa educazione emotiva che deriva dall’immedesimarsi nei personaggi per dar loro vita.
Detto questo, per parlare di vera e propria arteterapia (e immagino anche per la terapia attraverso la scrittura), è necessaria però la presenza di un terapeuta e di un metodo specifico. Perché se così non fosse, tutti gli artisti e tutti gli scrittori sarebbero persone perfettamente equilibrate e immuni da conflitti.
T. L: Il personaggio di Ines è uno dei più affascinanti. Bella, algida e altera, si muove come se fosse sempre su un palcoscenico, opponendosi tanto alla dolcezza del marito Italo, quanto alla schiettezza della figlia (e protagonista) Aida. Quale funzione svolge una figura di questo tipo nell’economia del romanzo e quale messaggio veicola un personaggio così caratterizzato?
C. M: Al pari di altri personaggi del mio romanzo, Ines non è ciò che sembra. Dietro la sua facciata di assoluta perfezione, la sua recitazione perfetta, ma anche il suo apparente disinteresse per il mondo e per il prossimo si nascondono grandi fragilità.
La sua totale incapacità di manifestare sentimenti è una forma di difesa dettata da un autentico terrore del proprio mondo emotivo. Una figura dunque generatrice di conflitti, i cui blocchi riverberano inevitabilmente anche sulla figlia, costretta da sempre a fare i conti con le ferite causate da un rapporto di totale incomunicabilità con una donna che non è mai riuscita neppure a chiamare mamma.
Le tensioni si fanno sempre più intense col progredire della vicenda, all’interno della quale Ines prenderà più spazio, rivelandosi a tutti gli effetti un personaggio chiave.
T. L: Puoi definire la protagonista con tre aggettivi?
C. M: Impulsiva, leale, creatrice.
T. L: Il messaggio del quadro di Tiziano che è al centro del romanzo (l’aggressione del principe etrusco Tarquinio su Lucrezia, moglie di Collatino) è un messaggio di violenza, tanto più brutale perché perpetrata ai danni di una donna. Scrivi che è “metafora dei nostri tempi” (con riferimento alla situazione drammatica dei primi anni ’40), ma anche che è “una perfetta allegoria della brutalità umana e della sopraffazione della forza sulla virtù”, tanto da “aver assunto i caratteri dell’universalità”. È questo il senso profondo dell’arte? Oltrepassare la contingenza e trasmettere agli uomini messaggi eterni? E può essere metafora anche dei nostri tempi che vede una drammatica recrudescenza della violenza sulle donne?
C. M: Sì, credo risieda proprio lì l’alchimia della grande arte: spogliare il soggetto delle sue caratteristiche particolari e caricarlo di contenuti universali.
Contenuti che restano percepibili anche a distanza di secoli, in quanto possono mutare i gusti e le culture, ma il fattore umano ovvero la struttura neurale dell’osservatore di oggi non si discosta molto da quella di un artista del Rinascimento.
Ciò vale purtroppo anche per le passioni dell’uomo, in questo caso la violenza, che già Tiziano ha sentito il bisogno di indagare nei suoi ultimi intensissimi dipinti.
Privata o collettiva, declinata nelle sue varie manifestazioni e ubicazioni geografiche, temo possa essere metafora di ogni epoca della storia. E non c’è alcun dubbio che lo sia anche della nostra.
T. L: Inevitabilmente, nel libro si parla di colori: la forza del rosso Tiziano (appunto), ma anche il valore del nero secondo Kandinskij e la magia dei colori primari che “sono la base di tutto”. Se dovessi sceglierne uno da associare al tuo romanzo, quale sarebbe?
C. M: Direi senz’altro il nero. Nero come la vernice che ricopre inizialmente il dipinto filo conduttore della trama, nero come il fascismo e la svastica, nero come il lutto e come i recessi dell’odio che muovono ogni guerra. In effetti il primo titolo che avevo pensato per il romanzo era appunto “Nero Tiziano”.
T. L: “…l’abilità manuale non era certo sufficiente a fare un artista e […], anzi, a volte poteva essere una trappola. Ci avevo provato a lungo, ma la razionalità della mia mano era troppo forte e i risultati non erano mai stati sinceri.” Considerando che anche tu dipingi, quali elementi reputi necessari a fare di un “artigiano” … un artista?
C. M: Premesso che le difficoltà di Aida sono sempre state un po’ anche le mie, penso che un artista sia come un potente recettore, le cui antenne riescono a captare ciò che risulta invisibile ai più.
L’arte possiede la capacità di rompere gli schemi, di indagare sotto la superficie per cogliere l’essenza, di scoprire nuovi modi per raccontare la propria umanità, lo spirito, i sogni, le visioni, la bellezza e le brutture dell’esistenza e lo fa in modo immediato, con chiarezza bruciante, talvolta disturbante.
L’artista riesce a smuovere le coscienze, catturando come nessun altro lo spirito dei propri tempi e di questo le dittature hanno sempre avuto paura. Non a caso anche Hitler, per tornare all’epoca del mio romanzo, aveva messo al bando tutte le avanguardie dichiarandole arte degenerata.
T. L: Ines è stata un’affermata soprano, che non a caso ha dato a sua figlia, la protagonista, il nome di Aida. Mentre ammirano la pala dell’Assunta nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, Aida e Vittorio accennano al “dialogo tra pittura e musica”. Pensi che il valore e la funzione della musica siano analoghi e complementari a quelli delle arti figurative?
C. M: Leon Battista Alberti sosteneva che, se una corda pizzicata in un dato punto genera nell’orecchio un suono armonico, utilizzando le stesse proporzioni in un’opera pittorica o architettonica si ottiene nell’occhio lo stesso appagamento.
Kandinsky indagava il suono dei colori, convinto che la pittura, per essere realmente spirituale e affrancarsi dall’imitazione della natura, dovesse prendere a modello la musica, la più intangibile delle arti.
In quanto frutto della creatività umana, credo sia inevitabile che tutte le arti risuonino profondamente nello spirito, incrociando e contaminando talvolta i loro linguaggi.
T. L: Hai ambientato i tuoi libri precedenti nel XV secolo. In Enigma Tiziano la storia è spostata decisamente più avanti sulla linea del tempo, durante il secondo conflitto mondiale, negli anni tormentatissimi della Repubblica sociale e della Resistenza. Come mai questo “salto”, quali sono i temi che in tal modo hai potuto toccare?
C. M: L’idea è nata dal mio desiderio di rendere omaggio a un luogo a me caro, ovvero il borgo di Gargnano sulla costa bresciana del lago di Garda.
Un luogo custode di potenti memorie risalenti agli anni della Seconda guerra mondiale in quanto proprio a Gargnano, e non a Salò, era concentrato il cuore strategico e operativo della Repubblica Sociale Italiana.
Tempi attraversati dal sangue e dalla violenza, di cui si fa perfetta metafora il misterioso stile intenso e drammatico degli ultimi dipinti di Tiziano.
Da qui la decisione di farne il perno intorno a cui costruire la mia trama. La scelta di parlare d’arte in un momento in cui l’arte stessa era minacciata mi ha inoltre consentito di approfondire le vicende appassionanti di eroi perlopiù sconosciuti che si sono prodigati per proteggere da distruzioni e razzie il nostro patrimonio.
Un’eredità non solo artistica ma identitaria, che grazie al loro coraggio ha potuto sopravvivere per essere consegnata alle generazioni future.
T. L: Di solito, uno scrittore è anche un appassionato lettore. Quali sono i libri che ti hanno formata e che ti hanno convinta ad intraprendere la strada della scrittura?
C. M: Difficile dirlo, perché le mie letture sono sempre state molto eterogenee.
Mi hanno sempre attratta i romanzi storici e d’avventura, da Dumas a Salgari, a Hugo a Dickens a Jane Austen alle Brönte, soprattutto Charlotte, le vicende con una forte componente di mistero, da Poe a Daphne du Maurier, ma direi in genere tutti i gialli e i thriller, con una preferenza per i gialli storici, a partire da Umberto Eco.
Poi ci sono naturalmente tutte le trame connesse con il mondo dell’arte e numerose letture di saggistica, prevalentemente di argomento artistico o filosofico.
Ma forse più ancora della lettura è stato il cinema a plasmare il mio immaginario e il mio modo di narrare, così fortemente intriso di componenti visive.
T. L: Prima di salutarci, quale messaggio vuoi lasciare ai lettori di Thriller life?
C. M: Auguro un inverno di pagine memorabili, per viaggiare nello spazio e nel tempo e continuare a dipingere mondi con la fantasia.