Valentina Di Rienzo
Valentina Di Rienzo, classe 1984, milanese doc ha una grande certezza nella vita: l’amore per la scrittura. Per il resto si definisce lunatica e caotica. Sarà forse proprio questo suo spirito indomito che l’ha resa un’autrice apprezzata nel panorama nazionale.
La sua prima pubblicazione, Il Vangelo Segreto edito da Cento Autori, avviene quando la Di Rienzo ha soli 22 anni. Questo viaggio nel tempo e nello spazio che si districa tra le sabbie e i papiri egiziani fino ad arrivare ai labirinti segreti di una Milano perduta, le è costata anni di studio e sacrifici ripagati poi da un discreto successo.
Da allora non si è mai fermata e ha continuato a scrivere romanzi gialli e thriller pur avendo dovuto “cedere” alla tentazione di un lavoro “normale”. Valentina Di Rienzo è, infatti, grafica pubblicitaria per una società di Rho.
In occasione dell’uscita de Il favore delle tenebre edito da Morellini Editore, l’abbiamo intervistata per scoprire qualcosa in più sulla Valentina autrice e donna.
Qualche verità su Valentina
Tre parole che ti descrivono e perché.
Creativa: lo sono sempre stata, fin da piccola. Mi piaceva moltissimo disegnare avevo anche un discreto talento, nel farlo, in particolare adoravo ispirarmi ai fumetti di Dylan Dog e Diabolik, poi sono passata ai manga giapponesi. Questa passione per il disegno si è poi tramutata in quella per le storie in senso più ampio, in particolare i libri, ma anche nella grafica pubblicitaria (che attualmente è il mio lavoro principale) e infine nella scrittura. Mi appassiona molto anche il mondo del beauty, infatti sto intraprendendo alcuni lavori come truccatrice freelance. Il sogno “creativo” numero uno, però, rimane sempre e solo la scrittura.
Appassionata: sono un’entusiasta, in generale; nel tempo libero mi piace dedicarmi al volontariato presso il Nucleo di Protezione Civile dell’Associazione
Nazionale Carabinieri – sono iscritta a Bollate (MI), la zona in cui abito. Anni addietro ho fatto alcuni servizi di volontariato presso centri di accoglienza per migranti ed è stata un’esperienza formativa ed emozionante. Durante la pandemia del Covid-19, fare servizi nei centri vaccinali mi ha riportato a stretto contatto con anziani, bambini, persone diversamente abili oppure con situazioni di fragilità di altro genere. Mi appassiono anche a cose più frivole, sia chiaro, ma di sicuro tendo
a entusiasmarmi facilmente per le novità e le nuove sfide.
Casinista: in tutto! Posso essere una vera rompiscatole, lunatica e anche molto disordinata. Anzi, approfitto dell’occasione per ringraziare quel sant’uomo di mio marito che sopporta i miei sbalzi di umore e vari cambiamenti di rotta sia nella vita professionale sia nel tempo libero.
Quali sono i tuoi tre libri del cuore?
IT di Stephen King, primo libro da adulti che ho letto quando ero poco più di una bambina.
Il collezionista di ossa di Jeffery Deaver per avere definitivamente acceso la mia passione per il thriller, il giallo, il noir e il crime, in ogni senso; l’ho letto che avevo circa 15 anni.
Follia di Patrick McGrath perché è un noir molto ben scritto e appassionante, ma soprattutto perché spiega in maniera follemente lucida il dolore avvertito da chi soffre di alcune patologie psichiatriche tanto diffuse ma non per questo conosciute. È un libro imperdibile!
Hai pubblicato il primo libro a 22 anni. Ti è costato anni di studio. Da quanto tempo sapevi di avere questa passione per la scrittura e i thriller nello specifico?
Da piccola, perché da ragazzina sognavo di diventare fumettista o illustratrice e poi, “ripiegando” sulla grafica pubblicitaria, mi sono accorta di avere una forte e istintiva pulsione a creare storie. Il primo romanzo che ho pubblicato, Il vangelo segreto (Edizioni CentoAutori, 2011 e poi Amazon KDP nel 2021), mi è costato cinque anni di ricerche e la lettura di una trentina di saggi perché di fatto ero giovane, insicura e soprattutto volevo che il concept della storia avesse solide basi su cui poggiare nell’ambito della storia, dell’archeologia e delle religioni proto-cristiane. Anche oggi dedico molto tempo alle ricerche per romanzi e racconti, ma ho imparato a ottimizzare i tempi. Ripensandoci, avrei dovuto aggiungere “pignola” alle risposte della prima domanda!
Spulciando sui tuoi profili social si nota un amore per gli animali, gatti nello specifico. Meglio loro degli esseri umani?
Battute a parte, non penso che gli animali siano migliori degli esseri umani. Penso solo che siano innocenti e più fragili di noi, perciò dovrebbero essere protetti dalla nostra società. In qualche caso, comunque, sì: conosco cani e gatti migliori di certi individui che hanno incrociato il mio cammino!
La vera risposta è: sì, li adoro. Gatti e cani, ma non solo. Da quasi sei mesi sono diventata vegetariana, in primis proprio perché amare gli animali e poi cibarmene mi causava sensi di colpa sempre più stringenti, e poi anche per ragioni etiche.
Un’ultima cosa. Quasi tutte le specie animali non fanno del male ai loro simili o all’uomo per il puro gusto di farlo, come invece sono capaci di fare alcuni essere umani.
Il male e le sue declinazioni suscitano sempre una certa curiosità. Anche tu hai trattato questo tema. Secondo te come mai ne siamo così attratti?
Il male fa parte di noi in quanto esseri umani. È capitato a tutti provare odio oppure rabbia, che è sempre il contenitore di un altro disagio interiore, anche della paura, per esempio. E poi l’essere umano ha una forte curiosità per il macabro, per il proibito. Ne parlo molto nel mio nuovo romanzo (Il favore delle tenebre, Morellini Editore, 2023) dove sfioro tematiche esoteriche e sataniche e ne ho parlato anche nel precedente (L’esigenza di uccidere, Morellini Editore, 2022), sebbene quello fosse un male di natura ben diversa. Non sono un’esperta per rispondere alla domanda con cognizione di causa, ma potrebbe avere a che fare anche con l’idea stessa della morte, che ci terrorizza dall’alba dei tempi e che, in fondo, ha fatto sì che nascessero tutte le religioni della storia – sia quelle sopravvissute sia quelle scomparse. La morte ci spaventa ma ci incuriosisce. La
religione, e lo dico da atea, prova ad affrancarci da quel dolore e da quella sofferenza e, al tempo stesso, ci propone varie rappresentazioni del male da cui la fede dovrebbe poterci mettere in salvo.
Che ne pensi delle trasmissioni televisive di cronaca crime?
Se parliamo di documentari o docu-fiction, ne sono letteralmente ossessionata. Ho vari abbonamenti a canali on demand e cerco di guardarne il più possibile. Mi piacciono, mi rilassano (lo so, è strano…), ma soprattutto mi sono di enorme aiuto nella creazione delle trame delle mie storie, sia come spunti narrativi sia come fonti per le ricerche. Anche sulla TV più “classica” ci sono ottimi prodotti: mi piace tanto seguire il professor Picozzi, Roberta Bruzzone, Pino Rinaldi. Adoro tutto ciò che è crime. Non amo invece i programmi dove la cronaca nera viene trattata in modo troppo “giornalistico” per via di come sono organizzati gli interventi dei vari ospiti, non per i contenuti.
Come sei riuscita dare voce agli adolescenti problematici, argomento di forte attualità e di impatto emotivo, senza cadere mai nella banalità, anzi riuscendo a creare attorno a loro un’aura di protezione?
Intanto, grazie mille. Se ci sono riuscita è perché sono stata io stessa un’adolescente problematica (anche se più fortunata di alcuni personaggi del romanzo a cui ti riferisci) e poi perché ho sempre empatizzato molto con gli amici e le amiche di allora. Sono nata e cresciuta a Quarto Oggiaro, un quartiere di Milano che da sempre ha la nomea di luogo pericoloso, pieno di farabutti, delinquenti e poco di buono. Alcune persone così le ho anche conosciute, perciò non ne nego l’esistenza, credo però che dietro la delinquenza, le dipendenze, gli espedienti e via dicendo ci siano soprattutto delle fragilità, delle situazioni complesse, magari persone che sgomitano per emergere o semplicemente non hanno o non hanno avuto gli strumenti (psicologici, economici, famigliari) per riuscire a fare meglio di così. Dietro un adolescente problematico c’è sempre una persona che sta soffrendo.
Quanta importanza hanno per te le ambientazioni nei tuoi libri visto che hai una grande capacità di renderle così vive, reali e affascinanti?
Ancora grazie per i complimenti. Mi piace individuarne di particolari perché trovo che mi stimolino nel processo creativo della trama. Il monastero dove viene ritrovata la prima vittima de Il favore delle tenebre, per esempio, è un bene del FAI che ho scoperto proprio cercando un’ambientazione speciale. A causa della pandemia eravamo impossibilitati a uscire dalle nostre regioni di residenza e il monastero di Torba, con i suoi affreschi a tema religioso e il suggestivo ritratto delle sante senza volto, si è subito rivelato il perfetto teatro per un crimine “in odio alla fede”.
Parlando de Il favore delle tenebre, i personaggi sono molto ben caratterizzati, si empatizza con Luca, Stella, Monica, con Raul che è incapace di manifestare i suoi sentimenti, poi Teresa e Angelica. Sei riuscita a creare una squadra affiatata, ognuno con i suoi punti deboli, le paure ma sempre leali e solidali fra loro. Leggeremo un seguito?
Certo! Sto già lavorando alla trama del terzo episodio. L’ho messa temporaneamente in stand-by perché devo preparare alcuni capitoli di una serie di ebook che scrivo per l’editore Delos-Digital. Sono romanzi brevi di genere spionistico ambientati nella Cairo del 1970 e fanno parte della collana Spy-Game creata da Stefano Di Marino e ora diretta da Andrea Carlo Cappi, cui sono
immensamente grata per il sostegno e per l’opportunità che mi ha dato.
Che consiglio daresti a un giovane che vuole affacciarsi nel mondo dell’editoria?
Di capire bene di chi fidarsi e di chi sarebbe meglio non farlo, perché l’editoria italiana è una giungla. Ci sono bravi editori, come per esempio i succitati CentoAutori e Morellini, ma anche tante canaglie che ingolosiscono i giovani con l’idea della pubblicazione e invece pensano solo a riempire le proprie tasche, a volte senza neanche stampare le copie per cui si sono fatti profumatamente
pagare. Di leggere tanto, scrivere e lavorare sodo. Di crederci, se è il loro sogno, e di non farsi abbattere dai primi “no”. Di vedere la scrittura con entusiasmo come si guarda a una passione e provare a dedicarvisi come si fa con un lavoro. Anche leggere On writing di Stephen King – sebbene Lui parli di un mercato diverso, quello americano – può essere molto utile.
Grazie mille per l’intervista e un caro saluto a tutti i lettori di ThrillerLife!
Trovate info e riferimenti ai miei racconti e romanzi all’indirizzo
https://valentinadirienzo.weebly.com
L’antico monastero di Torba è teatro di un efferato delitto: all’interno della sua torre (risalente ai Longobardi e dagli interni affrescati) viene rinvenuto il cadavere di un prete, don Leonardo Abba, parroco del vicino paese. E’ stato colpito alla testa, presumibilmente con un grosso sasso, ma la cosa inquietante sono le incisioni sul petto dell’uomo tracciate con un taglierino.
Rappresentano una stella ad otto punte e su un muro della torre simboli satanici, un pentacolo ed il numero 666 tracciati col sangue della vittima. Perché il prete si era recato al monastero di notte? Sicuramente attirato da qualcuno che conosceva perché dal colpo ricevuto dava le spalle all’assassino. E l’unica testimone è la donna delle pulizie del monastero ma anche lei è stata colpita alla testa e non ricorda quasi nulla solo una visione fugace.
La procura di Varese mette in campo il ROS, il comando crimini violenti istituito allo scopo di potenziare e fornire risposte tempestive nel caso di delitti dalla grande risonanza mediatica. Il capitano Sinatti raduna e compone una squadra di persone fidate tra cui il tenente Ferrini. Nonostante quest’ultimo abbia ricevuto un’inchiesta disciplinare che lo ha estromesso dal GIS e spedito a dirigere l’ufficio mezzi di un comando milanese, è stato richiamato a collaborare nelle indagini per i suoi trascorsi ed il prezioso contributo nelle indagini sulla morte di un pentito e di due carabinieri della scorta.
Le indagini portano alla visione delle telecamere di sorveglianza: tre ragazzini si aggiravano nella zona e nelle ore in cui è avvenuto il delitto. Chi sono? Cosa facevano nella zona del cimitero adiacente al monastero? Verranno individuati e indagati perché ascoltano musica metal, fumano canne e una di loro proviene da una comunità che accoglie orfani e bambini problematici.
Non penserete davvero che i ragazzi abbiano fatto una cosa del genere?
A volte i colpevoli sono proprio i più insospettabili.
La comunità “Le comete” accoglie bambini e adolescenti problematici o senza una famiglia, negli anni sono tanti i ragazzi cresciuti tra quelle mura e diventati poi adulti hanno intrapreso la loro strada.
Mentre le ricerche proseguono viene rinvenuto un altro cadavere, sul busto ancora la stella ad otto punte. Cosa accomuna le due vittime?
Il male esiste. Solo che secondo me è negli uomini, non in qualche entità ultraterrena. E’ nella nostra società, nella mente e nel cuore delle persone. Alcuni di noi scelgono di ignorarlo altri invece lo accolgono e lo usano come giustificazione per ferire sé stessi o gli altri. Ma questo ha delle ripercussioni e dovresti saperlo. Il male che gli uomini fanno continua a vivere.
Nell’iconografia la stella ad otto punte racchiude il concetto di luce divinatoria, l’appartenenza dell’essere umano alla natura, è associata sia al culto pagano che al culto demoniaco, può
simboleggiare l’appartenenza al bene come al male, è presente in molte divinità.
Il delitto in questione è stato commesso “in odium fidei” in un luogo intriso di religiosità, i simboli satanici rivelano la mano di una persona con problemi psichici quindi occorre cercare qualcuno che abbia avuto un passato travagliato, traumatico. Una persona capace di far calare le tenebre fin dentro l’anima. E se in quella comunità fosse accaduto qualcosa di orribile? Cos’era successo veramente alle quattro ragazzine sparite dal ’95 al ’99?
L’autrice è riuscita a creare una storia coinvolgente trattando un tema molto attuale ma nel contempo delicato, l’abuso sui minori, la violenza fisica, le difficoltà adolescenziali, il male che solca
profonde cicatrici nell’anima e devasta la mente. Con una meticolosa descrizione degli ambienti, la cura nei dettagli (molte sono le citazioni di libri e di canzoni metal) e la ricerca di un linguaggio scorrevole e ricco di dialoghi si è portati ad una lettura veloce, incalzante, mai banale. Sono molti i personaggi di cui veniamo a conoscenza, ognuno ben caratterizzato, sono persone “vere”, hanno debolezze e commettono sbagli. Si entra immediatamente in sintonia con i ragazzini che ascoltano gruppi metal e che nelle frasi delle canzoni riconoscono la loro rabbia e le incomprensioni, si empatizza con gli uomini e le donne dell’Arma che dedicano la vita alla ricerca della giustizia e che
sacrificano la vita personale per dedicarsi al lavoro.
Il finale sembra lasciare un punto di sospensione, una pagina ancora da scrivere, un’altra storia aspetta il capitano Sinatti, il tenente Ferrini e la sua squadra? Ci auguriamo di ritrovarli al più presto.