Erba d’annata
È un lunedì mattina di metà dicembre con un freddo cane e una gran tramontana quando il sostituto procuratore Emma Bonsanti arriva nella periferia di Bari, fuori da un capannone dove è stato segnalato il cadavere di un ragazzo della Bari bene.
Il sovrintendente capo della polizia Michele Lorusso la informa che la vittima è Giorgio De Santis, ventitreenne, studente in legge, praticante notaio e figlio di noti ristoratori locali. La vittima è stesa a terra, fuori dal capannone, il corpo segnato da fratture multiple provocate dall’impatto al suolo dopo un volo di una decina di metri dal colmo del tetto.
Disgrazia, suicidio, omicidio: il medico legale non esclude nessuna ipotesi. Spetta a Emma accertare la verità. Il fatto è che Emma non ha nessuna voglia di indagare su quell’ennesima morte in cui è incappata; è in un momento di fragilità, si sente sola, vuota, inutile e non ha energie da spendere per quello che pensa essere il gesto volontario di un ragazzo problematico.
Quando, però, Lorusso scopre che ci sono molte cose che non tornano nella vita e nella morte di De Santis – un rave party svoltosi proprio nel capannone, una lite furiosa a pochi minuti dalla scomparsa, il progetto di un matrimonio da cui forse voleva tirarsi indietro e la coltivazione, non proprio legale, di marijuana – Emma capisce che è necessario svegliarsi dal torpore e mettere, di nuovo, tutta sé stessa in un caso che di suicidio non sembra avere più neanche l’ombra.
RECENSIONE
Questo romanzo è il quarto con protagonista il sostituto procuratore Emma Bonsanti, passata anche da Milano e tornata in pianta stabile nella sua Bari.
Sta vivendo un periodo abbastanza terrificante, sia per il clima (la storia si svolge a metà dicembre), sia per la sua situazione sentimentale, con un ex morto ma ancora presente nella sua testa e un amore presente ma in condivisione con un’altra donna.
Un po’ depressa tanto anche fare un passo costa fatica, sia fisicamente che psicologicamente, Emma ci accompagna in questo caso che all’apparenza sembra suicidio.
non piove più ma c’è un freddo che ti pare eterno, che non ti sta entrando nelle ossa perché ci è già entrato a inizio dicembre….
E ancora
Passi brevi che raffiche di tramontana prendono a schiaffi sotto un cielo di piombo
Questo giallo apre uno squarcio, solleva un velo sui tanti luoghi comuni del mondo dei giovani-
Troppo spesso bollati come scansafatiche, sono in realtà molto brillanti, a livello individuale, poi però diventano cellule sconnesse che non riescono ad interagire, a fidarsi degli altri e
passano le serate appoggiati alle macchine, aspettando la speranza di divertirsi
Tutto inizia con un rave party, dove tutti pensano scorrino fiumi di droga, alcool e festini vari, oltre alla musica a tutto volume.
In realtà Pagano ci fa fare un giro dietro le quinte, dove sentiamo le voci degli organizzatori, di come le droghe, quelle cosiddette “leggere” ci siano, ma vengono vendute con criterio.
Di come si offri un “riparo”, una sorta di “zona di decompressione” per assicurarsi che nessuno lasci il rave in condizioni di difficoltà per sé o per gli altri.
Pagano ci mostra la società che va avanti per stereotipi, dove non ti puoi fidare nemmeno degli amici, dove si dovrebbe giudicare per quello che si è in realtà, senza preconcetto.
In Erba d’annata c’è infatti un gruppo, in apparenza coeso., di amici, ma in realtà sono inquieti, insicuri ed incerti.
Questi giovani che sono il nostro futuro, ragazzi con tanti talenti inespressi, che fanno fatica a portali alla luce e senza punti di riferimento reali.
Il momento sociale poi è devastante, perché è tutti contro tutti, non ci sono sostegni, nessuno che li possa assistere a tirare fuori questi problemi.
È un grido d’allarme, scritto come un messaggio subliminale, quello di Erba d’annata.
Sulle difficoltà che hanno i ragazzi, sul fatto che non ci siano forme di aiuto preposte e spesso vengano lasciati in balia di famiglie che hanno già mille difficoltà o, peggio ancora, di sé stessi.
In questo caso, il titolo dà una sorta d‘indicazione perché Erba d’annata, è quello che sembra, ovvero marijuana, dove troviamo un mix perfetto, creato ad arte dalla vittima che era amante delle piante.
Giorgio ha trovato negli Stati Uniti un seme che ha importato, così come un altro tipo di pianta dopo un viaggio in Afganistan e crea un mix eccezionale per puro interesse accademico.
Quando si accorge però, che ha un successo sconvolgente, la vende anche di notte oltre la solita cerchia di amici, diventando uno spacciatore casuale.
Ecco che arrivano soldi e avidità con guadagni facili, oltre all’ipocrisia perché gli spinelli girano parecchio, anche e soprattutto fra gli adulti.
La particolarità di questo libro, pur con una trama ben congegnata ed un finale imprevedibile, è tutta nella scrittura di Pagano, molto diretta e affilata: in altre parole una scrittura avversativa.
Sì perché ricorre spesso nel racconto a congiunzioni di tipo avversative, quando deve evidenziare un fatto o meglio una contrapposizione; oppure conclusive, quando termina un concetto che vuole sottolineare oltre modo, ribadirlo.
Si è fidanzata finalmente con l’uomo che ha tanto a lungo desiderato il quale però ora, bè, in questo preciso istante considera quella stessa stronza solo come un puntino lontano e irrilevante.
Ora.
E chi se ne frega di ciò che sarà domattina.
Quindi.
Simone rimane lì un po’ stordito. La conosce, sa che anche lei ne ha voglia, altro che gioco.
Tuttavia.
Prima volta che incontro questo stile, di sicuro non passa inosservato e riesce nell’intento di sottolineare il momento narrativo, cogliere l’attimo; lo raccomando caldamente!
Editore: Piemme
Pagine: 304
Anno pubblicazione:2023
AUTORE
Aldo Pagano, ex giornalista, classe 1966, viene alla luce in quel di Palermo, quando ancora era ignaro che ad attenderlo ci sarebbe stata una vita da girovago tra le meraviglie di città come Roma, Bari, Milano e Como.
Aldo Pagano è il papà di Emma Bonsanti, un giudice “femminile” nel senso letterale del termine.
È lo scrittore che si avvale dell’abile capacità di calibrare argomenti forti e buona scrittura, è l’autore che scrive attingendo alle sue esperienze di vita.