Il re delle fate d’autunno
Recensione di Claudia Pieri
Adolescenti, belle e con qualche segreto di troppo: sono le vittime di un serial killer che semina terrore nello sperduto paesino di Dolcezza, in Friuli, e che si fa chiamare il re delle fate d’autunno.
Al caso lavora l’ispettrice Foscari che, con il suo vice Chiarloni, scava tra le torbide ombre di una provincia solo all’apparenza tranquilla.
Chi è l’assassino? Perché uccide? E ha qualcosa a che fare con l’Ekta, la fabbrica che tutti in paese detestano e temono?
Recensione
Le fate d’autunno, sepolte nei corpi,
Il re delle fate d’autunno
invocano il re, all’ombra dei morti
fate ammalate, con le ali rotte,
occhi di cenere, carni corrotte
prendi una scure, signore del vento,
e libera me dal sommo tormento!
le fate d’autunno, sporche di sangue,
volano al cielo, nel nulla che langue…
Una poesia fa da filo conduttore a questo romanzo, Il re delle fate d’autunno, magnetico sin dalla copertina evocativa di quei contrasti che accompagnano l’intera storia: il rosso e il nero, la poesia e la morte.
Lo stesso teatro della vicenda, Dolcezza, ha un nome che è un paradosso rispetto al suo essere
“un puntino quasi dimenticato su qualunque mappa stradale, qualche migliaia di abitanti, poche anime rimaste, la maggior parte vendute per molto meno di trenta denari.
un piccolo paese claustrofobico,
“ora che le mura non ci sono più, resta una barriera invisibile, non per impedire l’entrata, ma per rendere sempre più difficile uscirne
che tiene prigionieri i suoi abitanti e dove da sempre aleggiano morte e malattie per via della presenza dell’Ekta, la fabbrica che
“era un cordone ombelicale che nutriva Dolcezza ma allo stesso tempo l’avvelenava. Una prigione di cui nessuno aveva il coraggio di spezzare le catene
Una presenza questa, che fa da trait d’union tra tutti i personaggi, principali e secondari, coinvolti a vario titolo negli omicidi.
Madre e carnefice, la fabbrica viene utilizzata dagli autori come strumento per raccontare e accendere i riflettori su una tematica ulteriore e socialmente rilevante, quella delle emissioni industriali e le malattie legate ad esse:
“… i fumi dell’Ekta abbiano causato un aumento di tumori, malformazioni infantili e malattie
Il re delle fate d’autunno mescola elementi thriller ad altri noir, coinvolgendo il lettore su un duplice livello: quello delle indagini, più squisitamente da giallo classico, e quello destabilizzante della violenza come mezzo per indagare i recessi più oscuri dell’animo umano.
La narrazione, affidata a capitoli brevi che terminano lasciando sempre il lettore in sospeso e alimentandone così il pathos, cammina sulle gambe di personaggi tridimensionali, che “bucano le pagine” e arrivano a chi legge in tutta la loro umanità, tanto dolente e imperfetta, quanto vera.
Prima tra tutti Giulia, l’ispettrice ruvida e umana, che nasconde un segreto e un passato difficili e dolorosi, descritta come
“una carta fuori dal mazzo che non si accoppia con nessun’ altra, destinata a rimanere sola e fuori da tutti i giochi
che ha un legame forte e assoluto col suo lavoro che la rende empatica nei confronti delle vittime e dei loro familiari:
“ogni vittima è sua sorella, suo fratello, sua figlia, suo padre o sua madre. Ogni vittima le resta addosso, chiedendo giustizia
Tutti i personaggi che si incontrano andando avanti nella lettura sono caratterizzati magistralmente, sia sotto il profilo fisico che psicologico e compongono un puzzle umano variegato e realistico: diversi eppure simili nelle loro fragilità nascoste e nei segreti di cui sono custodi.
“Non ci capisco niente. Sembra che più ci addentriamo in questa storia, più le cose si complicano
dice Chiarloni, il vice ispettore, a Giulia, dando voce anche al lettore che, pagina dopo pagina, si trova a fare i conti con una trama che si infittisce ingarbugliandosi sempre di più.
Il re delle fate d’autunno ci regala una storia ricca di colpi di scena, di situazioni che si capovolgono in un attimo, una caccia all’assassino che sembra non doversi mai concludere, una tensione crescente e una verità mai del tutto afferrata, che soccombe sotto l’ultimo colpo di teatro assestato dalla sapiente mano dei due autori.
Editore: Ugo Mursia Editore
Pagine: 306
Anno pubblicazione: 2024
A questo link puoi leggere la nostra intervista agli autori.
Claudio Chiaverotti ha scritto le strisce delle Sturmtruppen, e dal 1989 lavora come sceneggiatore presso la Sergio Bonelli Editore. Ha scritto più di cinquanta storie di Dylan Dog, ha creato il personaggio fantasy Brendon e la serie Morgan Lost, in corso di pubblicazione. Ha diretto il cortometraggio I vampiri sognano le fate d’inverno?, miglior cortometraggio al XXXVII Fantafestival di Roma.
Pierluigi Porazzi ha pubblicato per Marsilio L’ombra del falco, Nemmeno il tempo di sognare e Azrael, premiato come miglior romanzo dell’anno nell’ambito dei Corpi Freddi Awards. Per Pendragon è uscito Una vita per una vita, scritto con il giornalista Massimo Campazzo, e per La Corte Editore La ragazza che chiedeva vendetta, Il lato nascosto, Mente oscura e Ritratti di morte. Ha pubblicato anche molti racconti in varie raccolte e antologie. Da uno dei suoi racconti è stato tratto il cortometraggio “La fotografia”, diretto da Luca Sabbatini.