Sulla pietra
Recensione di Alessia Chierico
TRAMA
Un rapimento, svariati delitti e un assassino, forse mancino forse no. Saranno solo leggende e superstizioni ma, da quando è ricomparso il fantasma dello Zoppo, in Bretagna le sciagure non si contano più. A sei anni da “Il morso della reclusa”, torna Fred Vargas con uno dei personaggi capolavoro del noir, lo svagato e visionario Jean-Baptiste Adamsberg, commissario del XIII arrondissement di Parigi.
Il guardacaccia Gaël Leuven era un marcantonio solido come uno scoglio bretone, ma per ucciderlo sono bastate due coltellate al torace. A Louviec lo conoscevano tutti. Compreso Josselin de Chateaubriand (forse discendente di quel Chateaubriand), il nobilastro dall’abbigliamento eccentrico che adesso è il principale sospettato.
Richiamato in Bretagna dal commissario locale, Adamsberg si addentra nelle numerose ramificazioni del caso. Ma pur perdendosi come di consueto in false piste e digressioni mentali, in osservazioni prive di qualunque nesso con l’indagine, c’è da scommettere che anche questa volta verrà a capo del groviglio di omicidi ed efferatezze. Grazie alle sue illuminazioni proverbiali ma anche, forse, all’energia ancestrale dei menhir.
RECENSIONE
“Sulla pietra” di Fred Vargas, edito da Einaudi è il decimo caso con protagonista Adamsberg, commissario al XIII arrondissement di Parigi.
Pur essendo aprile, un caldo anomalo è calato sulla capitale francese. Anche i crimini sembrano essere diminuiti.
Tutti gli agenti dell’Anticrimine sono già in maniche di camicia. Tutti, tranne Jean-Baptiste Adamsberg.
“Al ritorno dalla sua missione il commissario aveva attraversato a torso nudo la sala comune, salutando i membri della squadra, piuttosto sbalorditi, e aveva tirato fuori dall’armadio dell’ufficio una delle sue eterne T-shirt nere. C’era da credere che non avesse nient’altro da mettersi.”
La missione consisteva nel salvataggio di un riccio investito da una macchina.
Fred Vargas presenta tutti i colleghi di Adamsberg: da Gandon, il piantone del commissariato, a Froissy, ossessionata dallo sfamare se stessa e gli altri, fino al comandante Danglard, con la sua cultura e l’eleganza britannica.
A scuotere l’apatia provocata dalla calura già estiva, giunge la notizia di “un omicidio in un paesino in Bretagna.”
A Louviec è stato trovato assassinato Gaël Leuven, il guardiacaccia.
“Un tizio solido come uno scoglio bretone e grosso come un armadio”.
È Danglard a raccontare la leggenda nata intorno al fantasma del conte Malo-Auguste de Coëtquen, detto “lo zoppo”, perché aveva perso una gamba nella battaglia di Malplaquet, nel 1709.
Quando gli abitanti del borgo odono il rumore della gamba di legno, sanno che annuncia una cosa soltanto: un delitto imminente.
Proprio un mese prima, Adamsberg si era recato in Bretagna “sulle tracce di un maniaco assassino che aveva violentato e massacrato in modo atroce cinque sedicenni.”
Apparentemente indolente e noncurante dell’accaduto, era riuscito a fare dei collegamenti che erano sfuggiti agli altri quattro commissari incaricati del caso.
Jean-Baptiste aveva stretto amicizia con il commissario di Combourg – una cittadina a nove chilometri da Louviec – Frank Matthieu.
Nel suo romanzo, “Sulla pietra”, Fred Vargas si addentra nel mondo delle credenze bretoni. Come quella di non calpestare l’ombra altrui, in modo particolare la testa, altrimenti l’anima di quella persona ne risentirebbe.
L’approccio di Adamsberg agli omicidi di cui si deve occupare è sempre meditativo.
“Io rifletto lentamente, oltre a camminare e scrivere lentamente.”
Inoltre, accompagna il lungo momento di riflessione, accendendosi una sigaretta, sempre della stessa marca, sempre sottratta dal pacchetto di suo figlio, per convincersi che lui non fuma!
Il commissario osserva anche “il tono di voce, le espressioni del viso, i gesti, le reazioni” dei concittadini del guardacaccia, nel momento in cui vengono rivolte loro delle domande.
Adamsberg è introverso, di poche parole. Ama ascoltare, più che altro.
Ascoltando, a volte succede che una parola o un’espressione gli si imprima nella mente e non riesca più a dimenticarla.
Accade che, nei momenti di quiete, quando all’Anticrimine non vi sono casi “rilevanti”, Adamsberg si annoi.
Ma i colleghi non si preoccupano perché il commissario “era capacissimo di vivere la noia senza che gli venisse a noia.”
Inoltre, è famoso per i suoi “non lo so” che condensano i suoi pensieri, quelli ancora informi.
Ad una settimana dall’omicidio di Leuven, viene rinvenuta pugnalata anche una donna, Anaëlle Briand.
Persino in questo caso “niente testimoni, né tracce, né movente.”
Non sembrano esserci collegamenti tra i due omicidi. Probabilmente le vittime non si conoscevano neppure.
Gli estimatori di Fred Vargas attendevano da sei anni il ritorno del commissario del XIII arrondissement. Forse le aspettative erano troppo alte, ma questo nuovo caso, pur avendo un ritmo serrato, non trasmette il pathos e le suggestioni narrative presenti nei libri precedenti.
Inoltre, il costante utilizzo dei dialoghi, forse troppi, lasciano poco spazio agli elementi visionari e alla introspezione che caratterizzano i romanzi della scrittrice francese.
Sporadicamente il ritmo rallenta per lasciare spazio alle riflessioni di Adamsberg.
Mentre osserva i mulinelli d’acqua che si formano intorno alle pietre, lui pensa. Anche mentre cammina, lascia fluire i pensieri al ritmo del suo passo.
Ma, in Bretagna, il commissario trova un nuovo e originale modo per riflettere.
Vi sarete chiesti perché il romanzo si intitola “Sulla pietra”?
Perché Adamsberg individua un dolmen, antico di due o tremila anni, sul quale si sdraia, chiude gli occhi e riprende il filo delle sue elucubrazioni.
Piano piano i frammenti trovano la giusta collocazione.
La Bretagna, con la sua luce, i suoi riflessi, la sua sabbia e con i suoi litorali selvaggi, è una coprotagonista del romanzo.
Alla fine dei quarantotto capitoli di cui si compone il giallo, Adamsberg ha “inventato”, come dice lui, quello che è accaduto:
“(…) le tue ‘invenzioni’ sono la sceneggiatura di un thriller (…)
Un thriller molto realista. E che ti invito a guardare fino alla fine.”
Traduzione: Margherita Botto e Simona Mambrini
Editore: Einaudi
Pagine: 472
Anno pubblicazione: 2024
AUTRICE
Fred Vargas (1957) è archeologa e medievista. Einaudi ha pubblicato tutte le sue opere. La serie dei tre Evangelisti: Io sono il Tenebroso (2000, 2003, 2006 e 2024), Chi è morto alzi la mano (2002 e 2006), Un po’ piú in là sulla destra (2008 e 2010); i casi del commissario Adamsberg: Parti in fretta e non tornare (2004 e 2006), Sotto i venti di Nettuno (2005 e 2008).
L’uomo a rovescio (2006 e 2008), Nei boschi eterni (2007, 2008 e 2024), L’uomo dei cerchi azzurri (2007), Un luogo incerto (2009, 2011 e 2024), La cavalcata dei morti (2011 e 2012), Tempi glaciali (2015 e 2016), Il morso della reclusa (2018, 2019 e 2024) e Sulla pietra (2024); il noir Prima di morire addio (2010); la graphic novel I quattro fiumi (2010); i racconti Scorre la Senna (2009); i saggi: Critica dell’ansia pura (2010), Piccolo trattato sulle verità dell’esistenza (2013) e L’umanità in pericolo (2020). Nel 2024 pubblica Sulla pietra con Einaudi