La torre d’avorio
Presentazione a cura di: Sharon Lattanzi
Abbiamo partecipato alla presentazione in anteprima de La torre d’avorio di Paola Barbato e la prima impressione è che l’autrice sia una persona estremamente stimolante a cui viene molto facile fare domande e perdersi nelle sue risposte.
La protagonista, Mara Paladini, un tempo Mariele Pirovano, come vedremo nella descrizione dell’opera, è un personaggio estremamente complesso che Paola Barbato ha curato meticolosamente come figura negativa della storia, ma che è solo una dei cattivi in questo romanzo. L’autrice ce la racconta con un trasporto che chiarisce quanto le sia affezionata. In fondo è una sua creatura, ma non si limita a descriverla, sembra vivere insieme a lei i turbamenti del passato e del presente che ci racconta ne La torre d’avorio.
Mara era affetta dalla sindrome di Münchhausen per procura. In questa storia che la vede protagonista è in una nuova città e si tiene a distanza da tutto e da tutti. Paola Barbato ci ha spiegato che il titolo del suo nuovo romanzo, La torre d’avorio, si riferisce proprio all’isolamento di Mara che abita in un ampio appartamento, pieno di scatole contenenti il suo passato e che lei teme di aprire.
Nel momento in cui vede delle gocce d’acqua cadere dal soffitto mettendo a rischio l’incolumità delle sue scatole, Mara si spinge fino al piano superiore per scoprire che il suo vicino è deceduto in bagno, sicuramente avvelenato.
In quel momento, Mara teme di essere stata incastrata perché nota nella morte dell’uomo lo stesso crimine che ha rischiato di commettere anni prima verso la sua famiglia e per il quale è stata internata per otto anni. La sua malattia mentale la portava infatti a debilitare suo marito e le sue figlie per poi potersene prendere cura, fino a quando, a causa di una sua distrazione, un giorno ha rischiato di ucciderli.
Questo romanzo però, non gira solo attorno all’omicidio o alla fuga della protagonista per paura dell’assassino, ma è anche una visione umana sulle debolezze delle persone e sulle loro diversità. Riflettiamo con Paola Barbato sul fatto che donne del tutto differenti, facenti parte di ceti sociali diversi, che hanno interessi e gradi di istruzione completamente opposti, possano comunque condividere la stessa tragica esperienza. In questo specifico caso si condivide la reclusione. Cinque donne, le uniche di cui Mara si fida, si trovano nello stesso istituto, ma per motivi diversi.
Ma la criminalità femminile è sempre giustificabile? Se è vero che, in letteratura, l’arma del delitto femminile per eccellenza è il veleno, è anche vero che un individuo di indole cattiva non ha genere in questa storia e, forse, anche nella vita.
Dopo più di dieci opere, La torre d’avorio è la prima dell’autrice in cui vediamo un crimine all’interno di un nucleo familiare. Si può dire, dunque, che è una sorta di fuga di Paola Barbato dai temi trattati in passato e promette molto bene.
Ma da cosa parte l’autrice per costruire una storia? Sempre dalla motivazione, a quanto ci racconta. Nel caso di Mara, che lei ama chiamare con il suo vecchio nome, Mariele, è il suo senso di inadeguatezza, ovvero la necessità di sentirsi importante e utile per la sua famiglia. Da qui la sindrome di Münchhausen per procura perché, come ci spiega Paola Barbato, la semplice sindrome di Münchhausen è deleteria solo verso se stessi.
Una cosa che ha molto colpito è come l’autrice definisce alcune persone eccentriche che tutti noi incontriamo ogni giorno è che fanno parte, a suo dire, del sottobosco umano. Sono persone normali, ma con piccole o grandi eccentricità, magari fastidiose e che non sembrano degne di nota, ma che, ricalcate nel modo giusto, creano dei personaggi come quelli di quest’opera.
Il libro è strutturato in due filoni: una parte riguarda la fuga della protagonista, con le sue vicissitudini e le sue sensazioni e l’altra tratta la risoluzione del caso e il passato di Mara. Sarà molto interessante il punto di vista della protagonista che vive in eterno conflitto, che non si fida di se stessa e vive così profondi tormenti per via di ciò che ha fatto alla sua famiglia in passato.
La redenzione è possibile?