Il mio nome è Cesare Lombroso
Recensione di: Alessandra Boschini
TRAMA:
Cesare Lombroso, psichiatra e grafologo forense, nonché discendente diretto del creatore della Criminologia di cui porta il pesante fardello del suo nome, viene chiamato sull’isola di Sansego per indagare sull’omicidio di Antonio Picinić. Sul suo corpo, l’omicida ha lasciato un biglietto scritto a mano e le autorità locali sperano che un’indagine grafologica possa trovare velocemente il colpevole.
Cesare è conosciuto sull’isola, che frequenta da anni come ospite di Gian Giorgio Delle Rive, uomo ricco e influente. Per riuscire meglio nella risoluzione del caso, Cesare collaborerà con la sua giovane assistente, Marta Bouvier, che si dimostrerà fondamentale per la conduzione dell’indagine. Intanto, Cesare viene anche coinvolto in un’indagine segreta parallela dall’amico Gian Giorgio, vittima egli stesso di un avvelenatore che sta tentando di ucciderlo lentamente. Le indagini si dimostreranno complesse e inaspettatamente collegate.
RECENSIONE:
Quanto può pesare il nome che portiamo? Chiamarsi Cesare Lombroso, come il padre fondatore dell’antropologia criminale e dei comportamenti criminali , può creare ansia e molte, troppe aspettative.
“Ogni volta che veniva convocato per qualcosa, nonostante le sue indiscutibili qualità, si chiedeva: ma mi cercano per il mio nome?”
Un nome può segnare il destino delle persone e Cesare Lombroso infatti, neurologo e anatomopatologo, non poteva essere altrimenti, perché quel nome del trisavolo lo ha segnato profondamente, nel corpo e nella psiche.
La sua specializzazione e le sue conoscenze sono richieste per un caso in cui occorre una perizia grafologica per cui chiede d’essere affiancato da una giovane neo laureata perito grafologa forense , Marta Bouvier.
Perché, secondo Cesare, “due persone insieme si mettono in antitesi e quello che ne esce alla fine è la sintesi tra le due tesi, si chiama dialettica di Hegel”..
I due dovranno recarsi a Sansego, un’isola del Quarnaro, in Croazia. Un cadavere con un coltello piantato nella schiena ed un foglio di carta plastificata tra l’impugnatura e la carne, scritto in corsivo col pennarello indelebile “Nessuno è cieco agli occhi del falco!”, è quello che devono provare a decifrare.
Arrivati sull’isola, che Lombroso già conosce perché spesso ospite dell’amico Gian Giorgio delle Rive, proprietario di villa Annette, iniziamo a conoscere svariati personaggi e a carpirne le identità.
Sì, perché essere antropologo criminale, così come grafologa forense, porta inevitabilmente a scrutare l’aspetto delle persone, i loro tratti somatici, le movenze, i tic, per crearne il profilo, carpirne i segreti dal movimento oculare, dedurre lo stato d’animo dai gesti.
E come in tutti i gialli che si rispettino, anche ne Il mio nome è Cesare Lombroso ecco che ad un’indagine per omicidio se ne affianca una seconda: il padrone di villa Annette rivela all’amico Cesare che sospetta stiano cercando di avvelenarlo.
Gian Giorgio delle Rive è un uomo colto, donnaiolo impenitente e fedifrago costante, narcisista fin nel midollo, ama ostentare la propria ricchezza e mostrare ciò che possiede. Ma ha un vissuto sommerso e un’indole enigmatica per cui risulta difficile stilare una lista dei sospetti.
L’isola è piccola e, vista la bassa stagione, rimangono solo i locali da interrogare, le persone che frequentano assiduamente la villa, nonché il personale, tra cui il fedele maggiordomo.
Mentre Lombroso segue la pista dell’avvelenamento e cerca di carpire le scritture dei sospettati, Marta parte alla conoscenza dell’isola scoprendone anfratti e luoghi oscuri, fuggendo da ignoti inseguitori e imbattendosi in un secondo cadavere.
Roberta Melli è stata molto abile nell’inserire vicende collegate ad un passato doloroso che ancora non ha trovato soluzioni, né spiegazioni.
La vicenda infatti si complica: un uomo con un’identità rubata, che appare e scompare, inghiottito da un passato torbido e sconosciuto e tre persone unite da pericolosi segreti e da rapporti basati sulla menzogna.
Il mio nome è Cesare Lombroso è un giallo dall’impronta classica, una sorta di “Dieci piccoli indiani”, con una location chiusa come può essere una piccola isola legata alla terraferma da un traghetto che passa due volte al giorno.
Un’isoletta di sabbia sottile come cipria e colline ricche di vigneti che producono un ottimo rosé, macchie di vegetazione e pini marittimi con il silenzio rotto dal cicaleccio degli insetti. I colori contrastanti del mare e della terra, i loro profumi che si mescolano, il fondale vibrante e i cespugli di sambuco, due versioni dello stesso luogo, un dualismo che si rivela anche nelle persone e ne cela le somiglianze.
Il mio nome è Cesare Lombroso è un romanzo vibrante e coinvolgente, dalla trama ben congegnata, a cui non sfuggono i risvolti storici e nemmeno la cura dell’introspezione psicologica dei personaggi.
Alcuni capitoli si alternano, attraverso una narrazione dei fatti in terza persona, ad altri in cui Marta Bouvier espone in prima persona, rendendo la lettura fluente e scorrevole. Si potrebbe pensare che risulti pesante l’inserimento di continui riferimenti al medico Cesare Lombroso o alla puntualizzazione di termini come grafologia forense, fisiognomica, lettere affettive o test di Hare, (link4), invece non fanno altro che alimentare la curiosità nel lettore che si sente parte della trama.
Un altro punto di forza di questo libro sono i disegni dei murales che Marta trova, opera di Asfittico, colui che sembra tale e quale a Cesare Lombroso, ma più trasandato e dimesso e che riportano a tinte vive gli omicidi avvenuti.
“Il bianco del foglio racconta quello che l’inchiostro non sa esprimere ma bisogna avere le orecchie giuste per sentirne il sussurro.”
Roberta Melli ci spinge a nuove conoscenze nel campo di sua competenza, ci rivela che, attraverso la scrittura, è possibile avere un identikit dell’assassino, che gli strumenti per arrivare a catturare i colpevoli possono essere molteplici e non sempre tecnologici.
Dinamismo e la giusta tensione narrativa rendono Il mio nome è Cesare Lombroso una lettura davvero piacevole, consigliata a chi cerca un giallo di stampo classico, ma verbalmente moderno, un’ambientazione suggestiva e personaggi ben caratterizzati ed in continua evoluzione.
EDITORE: Leone editore
PAGINE: 280
Anno di pubblicazione: 2024
AUTORE
Roberta Melli è nata a Vicenza, dove vive e lavora. È Ispettore Micologo iscritta all’albo Nazionale e Regionale del Friuli Venezia Giulia. Perito Grafologo in ambito Forense, ha conseguito le specializzazioni in Grafologia Aziendale e Orientamento scolastico, Grafologia Criminologica e in Grafodiagnostica Criminalistica. Attualmente si occupa di firme autentiche nell’ambito delle opere d’arte. “il mio nome è Cesare Lombroso” è il suo quarto romanzo pubblicato con la casa editrice brianzola Leone editore, preceduto dai romanzi “Senza tregua”, “In vetta al mondo” e “Possessione”. Ha Insegnato Chimica e Scienze al Liceo scientifico, nel tempo libero pratica free climbing, alleva insetti e si dedica alle sue vere passioni: la maratona, i boschi e la natura.