Intervista a cura di: Alessandra Boschini, Federica Cervini e Sharon Lattanzi
Spazio a cura di: Sharon Lattanzi
Il mistero di Villa Lamento
Roberto Carboni, classe ‘68, è nato a Bologna. Docente di scrittura creativa, nel 2015 è stato premiato con “Il Nettuno d’Oro” (al quale sono seguiti altri premi). Ha pubblicato molti romanzi, tra cui: “Il giallo di Villa Nebbia”, “La collina dei delitti” e “Il segreto dell’antiquario”.
ThrillerLife: “Il mistero di Villa Lamento” (QUI la recensione) si apre con il rinvenimento del cadavere di una giovane donna mutilata in un capanno nel bosco; proprio in quei luoghi, da vent’anni, circola la leggenda di un gigante di oltre due metri di altezza che uccide giovani donne.
Il luogo, non ben specificato, si trova in Alto Adige. Ti sei documentato circa leggende o storie locali per prendere ispirazione? Qual è l’idea da cui hai tratto spunto per la trama di “Il mistero di Villa Lamento”?
Roberto Carboni: In realtà nessuno sa da dove arrivino le idee. Ma grazie al cielo arrivano. O, forse, il creativo è fatto della stessa sostanza delle proprie idee. Cioè, le mie idee fanno già parte di me. Escono con naturalità dai cassetti che ho deciso di aprire.
Ma le idee grezze sono caos. Quello che distingue un buon romanzo è l’ordine e la cura che dedichiamo a queste idee, la loro manutenzione. Occorre amore per la scrittura (un’ossessione maniacale per la parola e il senso della frase, a dire il vero) e per il pubblico che leggerà la storia. Ognuna di quelle persone dedicherà ore irripetibili della propria vita al romanzo.
Per questo occorre amore e rispetto. Lo scrittore deve farsi da parte, dimenticare protagonismi e narcisismo e lasciare solo spazio al luna park nel quale accoglierà il lettore, che è il vero protagonista. Il luna park è costruito solo per lui. E la magia avviene quando ogni singolo lettore si riconosce nella storia. Quando ognuno pensa e percepisce che ciò che sta leggendo-vivendo sia ritagliato apposta per lui, una sorta di custodia per i suoi sogni e per la sua fantasia. Ecco, questo è il miracolo a cui ambisco e per cui vale la pena passare undici ore al giorno davanti al computer.
Per tornare alla domanda, conosco l’Alto Adige, e lo amo. Ma soprattutto riconosco quel senso di inquietudine che sa infonderti quando lo osservi meglio. È una terra selvaggia e primitiva. La cornice perfetta per un bel thriller dalle tinte gotiche. “Il mistero di Villa lamento”, in particolare.
ThrillerLife: Paul Andrew Christopher Owen Cialdini ha un passato doloroso e lo raccontano i ricordi di una infanzia trascorsa nel casale dell’Appennino Tosco Emiliano. La tragedia che gli ha cambiato la vita, nel gennaio del ’46, lo ha reso un uomo combattivo e determinato. C’è una parte di te in Cialdini? Quanto ti rispecchia?
Roberto Carboni: Dopo quattordici romanzi, Paul è il mio primo personaggio seriale. “Il mistero di Villa Lamento” è la prima storia dedicata a lui. Ho scritto la seconda, sono circa a metà della terza e ho incamerato idee per il quarto e il quinto episodio.
Non so quanto Paul mi somigli perché la creazione di un personaggio è un gioco di specchi e di simbolismo. Il narcisismo non trova alcuno spazio nella scrittura seria. Paul non sono io, ma lui è mio fratello. E spero diventi fratello o amico di molti proprio perché tutti abbiamo sofferto e tutti abbiamo provato a rialzarci. Tutti abbiamo fatto errori e abbiamo provato a correggerci, a volte riuscendoci e a volte no. Insomma, siamo tutti esseri umani tremendamente forti ma squisitamente fragili.
ThrillerLife: La trama de “Il mistero di Villa Lamento” è collocata in un tempo specifico, il 1968, il tuo anno di nascita. Perché hai scelto proprio quella data?
Roberto Carboni: Perché è stato un momento storico irripetibile: il Vietnam, Praga, le lotte per i diritti civili. Abbiamo sconvolto la società, rivoluzionato il modo di pensare. Perché la crisi della famiglia sessantottina è la crisi interiore di Paul. Qualsiasi altro periodo storico avrebbe reso la storia meno efficace. E poi il ’68 è appunto il mio anno di nascita. Tanto che, il secondo episodio, inizia con un omicidio che si svolge l’11 ottobre alle 20:45, esattamente l’istante in cui nascevo.
ThrillerLife: Sono bellissime e coinvolgenti le descrizioni di Villa Lamento: l’inquietante monastero riconvertito in hotel di montagna.
Esiste, nella realtà, un corrispettivo di “Villa Lamento” alla quale ti sei ispirato per ambientare il tuo romanzo?
Roberto Carboni: Villa lamento è stata concepita sulle basi del simbolismo junghiano. Durante la lettura pare così reale perché il sistema di parole con cui la descrivo contiene elementi che si ancorano, e dialogano, e stimolano, il subconscio del lettore, inducendolo a una specie di sogno a occhi aperti. È un sistema di suggestioni potenti, lo stesso che usano i medici che si occupano di ipnosi, ideato da Milton Erickson negli anni ’70 e sviluppato poi con l’ausilio delle neuroscienze.
ThrillerLife: Sei già al lavoro su altre storie e nuovi personaggi? Ed inoltre, a cosa pensi quando scrivi? Ai lettori, al risultato del lavoro che stai portando avanti oppure già ai successivi thriller? Ti cali in profondità nella vicenda che stai scrivendo per svilupparla o hai già tutto in mente sin dall’inizio?
Roberto Carboni: Sviluppo un rigido schema, lo stesso delle sceneggiature cinematografiche e della drammaturgia. La contrapposizione fra Protagonista e Antagonista, la struttura in tre o cinque atti, il Middle Point, i Turning Point, lo Stato di Grazia, la Caduta, il Need, il Want, il Punto di Morte, la Semina e la Raccolta con l’ausilio dei Frattali, la Oneline, la Storyline, il Climax…
Questa progettazione richiede tempo, energie e notti insonni ma ti consente di architettare al meglio la storia e di inserire tutti i dettagli e gli sviluppi nei punti giusti. Se questo sistema ha funzionato per Aristotele e per Shakespeare, per Sergio Leone e per Quentin Tarantino, e funziona tutt’ora per Stephen King (IT è un perfetto cinque atti tripartito) allora ho buone speranze che funzioni anche per me.
Se ci pensate, tutta l’arte segue uno schema zeppo di regole nascoste: Mozart, Beethoven, perfino il free jazz. Perfino i dipinti di Pollock, che sembrano anarchia pura, in realtà sono imbrigliati in una costruzione complessa di frattali.
Con questo metodo, sono giunto al terzo romanzo di Cialdini. Nel frattempo, siamo arrivati ai primi mesi del ’69. In questo momento Paul sta indagando sull’uccisione di una sua collega. Si trova a passare la notte dentro una rocca dall’architettura folle e arabeggiante, in compagnia del bizzarro proprietario e, si dice, dello spettro che abita quel luogo. Ma, insomma, prima dovete ancora leggere il secondo episodio, un noir davvero noir che si riallaccia alla simbologia cristiana e che a tratti è davvero agghiacciante.
ThrillerLife: Quale messaggio e saluto vuoi lasciare ai lettori di Thriller Life?
Roberto Carboni: Un messaggio di gratitudine. Grazie di cuore, spero che le mie storie continuino ad affascinarvi. Scrivo per voi. Spero di riuscire nel mio intento.
La redazione ringrazia Roberto Carboni per la disponibilità