Sinister. La città delle ombre
TRAMA:
Londra, 1889 Un pomeriggio di dicembre, un affascinante attore di teatro bussa alla porta dell’esclusivo Diogenes Club perché coinvolto in una stranissima frode. Il pubblico che assiste alla sua performance sembra essere composto sempre dagli stessi spettatori, e starà al genio della deduzione scoprire cosa sta succedendo.
Un pomeriggio di dicembre, un losco capo criminale bussa alla porta di una casa di Whitechapel assai poco raccomandabile perché coinvolto in una sanguinosa faida con una banda avversaria. Il suo rivale non uscirà vivo dalla trattativa, e starà al Napoleone del crimine scoprire cosa sta succedendo. Impegnate ognuna nella propria indagine, le due menti più sopraffine di Londra seguono una scia di terribili omicidi che le porterà a dover fare l’impensabile: mettere da parte le ostilità e lavorare insieme contro qualcosa di così potente da minacciare gli equilibri mondiali.
Sembra impossibile, ma Sherlock Holmes e James Moriarty, nemici giurati, sanno che questo è l’unico modo per salvare l’Europa dalla catastrofe. Dopo il grande successo di The Turnglass, Gareth Rubin torna con un nuovo romanzo a due voci dalle atmosfere squisitamente british, in cui gli iconici personaggi di sir Conan Doyle si muovono tra la bella società e gli oscuri bassifondi della Londra di fine Ottocento.
RECENSIONE:
1889, Londra, 221B di Baker Street: il grande Sherlock Holmes viene contattato da un giovane, George Raynolds, che teme di esser caduto in una delle più strane truffe.
1889, Londra, bassi fondi: il professor James Moriarty, capo della malavita londinese, è alla prese con una nuova gang apparsa dal nulla e particolarmente riottosa.
Questo è il quadro che si presenta al lettore nelle prime pagine di Sinister, due storie che paiono completamente staccate fra loro, ma non dobbiamo dimenticarci che Gareth Rubin è il mago del dualismo letterario.
Già con il suo romanzo “The turnglass” (recensito da Thriller Life QUI) infatti, ci aveva stupiti e tenuti allacciati alle pagine grazie a due storie apparentemente sconnesse fra loro, ma in realtà profondamente intrecciate. È quindi inutile dire che, anche in Sinister, l’autore riuscirà a collegare in modo eccellente queste due storie che, a prima vista, possono risultare sconnesse.
Entrando più nel dettaglio, uno dei punti di forza di Sinister è sicuramente lo stile di Gareth Rubin che ricorda, in tutto e per tutto, quello originale di Sir Arthur Conan Doyle , al punto che – se per un attimo ci si dimentica della firma di Rubin – non verrebbe difficile pensare di star leggendo una delle avventure originali del grande Sherlock Holmes.
Va però sottolineato che questo punto di forza può esser un arma a doppio taglio, perché non tutti nel 2024 sono disposti a leggere un romanzo che sembra scritto agli inizi del ‘900 e che, per tale ragione, può risultare pesante.
Il vero punto forte dell’opera è però, come già accennato, il dualismo. La profonda contrapposizione fra Sherlock Holmes e il professor Moriarty, infatti, si respira anche nei due punti di vista con cui il libro è scritto: Watson, assistente di Holmes, ci parla nei capitoli dispari, mentre Moran, assistente del professore, ci parla nei capitoli pari.
Watson e Moran, pur avendo un passato molto simile (entrambi infatti provengono dalla vita militare), giungono alla vita da civili in modalità diametralmente opposte.
Watson cerca la pace e l’ordine, perché l’orrore visto in guerra lo porta a cercare il bene in ogni situazione e ad ostacolare il male grazie all’appoggio di Holmes.
Moran, d’altro canto, è rimasto “assetato” dalla guerra e ricerca quel tipo di violenza associandosi ad una delle menti criminali peggiori di Londra. Questa opposizione netta appare in modo chiaro anche negli stili di narrazione utilizzati per i due, chiaro e puntuale il primo, volgare e duro il secondo.
Vien da sé che un certo merito va dato anche all’idea, alquanto originale, di mettere assieme due personaggi agli antipodi, rendendo il tutto plausibile e senza forzature: i due protagonisti, infatti, pur collaborando, mantengono la loro natura e i loro tratti distintivi e il loro incontro si svolge senza forzature.
Il principale punto debole dell’opera è la discontinuità. Difatti, la prima metà dell’opera non è all’altezza dell’autore, non porta nulla di nuovo e, seppur piacevole, ricorda troppo l’opera originale di Doyle.
Impressione questa che viene poi completamente ribaltata dalla seconda metà di Sinister, quando si entra nel vivo dell’opera ed emerge in tutto e per tutto lo stile e l’originalità di Gareth Rubin.
Il finale di Sinister è in ogni caso apprezzabile, con alcuni fatti forse un po’ prevedibili, ma allo stesso tempo piacevoli, poiché in linea con il resto dell’opera e con la storia.
TRADUZIONE: Giuseppe Maugeri
EDITORE: Longanesi
PAGINE: 304
ANNO: 2024
AUTORE:
Gareth Rubin è un giornalista e scrittore inglese. Collabora con le maggiori testate inglesi, occupandosi soprattutto di questioni sociali, viaggi e arte. Tra i suoi titoli, pubblicati in Italia da Longanesi, The turnglass. La clessidra di cristallo (2023), Sinister. La città delle ombre (2024).