I dettagli del male
Intervista a cura di: Federica Cervini e Sharon Lattanzi
Spazio a cura di: Sharon Lattanzi

Autrice: Elisabetta Cametti, classe ‘70, è nata a Gattinara ed è laureata in Economia e Commercio all’Università Bocconi. Lavora da tanto tempo nell’editoria ed è stata soprannominata “La Signora italiana del thriller”. Il suo primo true crime è proprio “I dettagli del male” (Edizioni Piemme).
ThrillerLife: ciao Elisabetta, grazie per aver accettato questa intervista! “I dettagli del male” è il tuo quattordicesimo libro e rappresenta una novità. Perché sei passata dallo scrivere romanzi in cui ti ispiri alla realtà ad un libro che, invece, rappresenta una realtà vera e propria? Perché è fondamentalmente giusto raccontare di true crime?
Elisabetta Cametti: scrivere un true crime significa guardare in faccia la realtà, affondare il pensiero nelle pieghe più oscure della mente criminale. Accorgersi che il male è ovunque, anche qui e ora. Questo è il messaggio che voglio trasferire: non bisogna fare l’errore di pensare che violenza e omicidi siano qualcosa di lontano da noi. Giulia Tramontano avrebbe potuto essere nostra sorella, la nostra migliore amica, una vicina di casa. Così come Laura Ziliani, Liliana Resinovich… la piccola Diana.
Dobbiamo imparare a non abbassare mai la guardia e ad ascoltare i campanelli d’allarme. In ognuno di questi casi i segnali c’erano ma purtroppo sono stati sottovalutati. Credo che dovremmo essere più consapevoli nella lettura di ciò che accade a noi e a chi ci circonda perché solo cogliendo e interpretando certi segnali è possibile intervenire in tempo, salvarci o salvare la vita di qualcun altro.
ThrillerLife: In “I dettagli del male” ci presenti quattro casi di cronaca nera italiana davvero agghiaccianti. Vorrei chiederti :
Quale di questi omicidi che hai analizzato nel tuo libro ti ha maggiormente fatto soffrire e perché?
Qual è stato il capitolo più difficile da scrivere dal punto di vista della rabbia che hai provato?
Ed inoltre: perché hai scelto di trattare casi ancora aperti e con domande irrisolte (scelta molto coraggiosa a mio avviso), anziché casi del passato – quindi conclusi e già giudicati?
Elisabetta Cametti: tutti e quattro i casi mi hanno toccato molto perché avvenuti in famiglia. È in famiglia che si esprimono i sentimenti più profondi: amore, gioia, serenità ma anche frustrazione, senso di inadeguatezza e odio. La famiglia può essere un terreno di crescita o di conflitto. Il luogo dove si coltivano i valori o quello infestato da comportamenti tossici.
Il rifugio per sfuggire dagli orrori del mondo o il covo della violenza. Quella violenza che diventa la risposta a un rifiuto, a un abbandono, alla fine di un rapporto. In famiglia si uccide per un’aspettativa tradita. È questa consapevolezza a farmi male.La difficoltà che ho incontrato è stata non esprimere pareri, commenti. Giudizi. Raccontare le storie attenendomi ai fatti, alle indagini, agli atti senza poter urlare la rabbia che ho provato nel caso di Giulia Tramontano, l’incredulità nel caso di Laura Ziliani, lo sgomento in quello di Liliana Resinovich.
Senza poter esternare fino in fondo il dolore e il senso di impotenza che ho vissuto nel caso della piccola Diana Pifferi e del suo essere invisibile agli occhi delle persone che aveva intorno. Solo come conclusione di ogni capitolo ho permesso ad “Elisabetta scrittrice” di lasciare il posto “all’Elisabetta donna” facendo emergere il sentire più profondo.
Ho scelto casi ancora aperti per cercare di dare il mio infinitesimale contributo alla ricerca della verità. In ognuna di queste storie ci sono ancora molti aspetti non chiariti fino in fondo.
ThrillerLife: esiste un filo rosso che collega le quattro vittime: Giulia Tramontano, Laura Ziliani, Liliana Resinovich e Diana Pifferi?
Ed inoltre: chi sono gli invisibili? Mi riferisco in particolare al capitolo finale di “I dettagli del male” dedicato a Diana Pifferi e a sua madre.
Elisabetta Cametti: Giulia, Laura, Liliana erano donne coraggiose. Donne che non provavano paura. Gli ultimi messaggi che Giulia ha scritto a Impagnatiello sono stati: «Sto tornando a casa» e «Fatti trovare». Aveva appena scoperto i suoi tradimenti ed era pronta ad affrontarlo. Non lo temeva, nemmeno immaginava che lui la stesse aspettando per ucciderla.
Le figlie di Laura avevano già tentato di eliminarla settimane prima, iniettando una dose massiccia di benzodiazepine nei muffin al cioccolato. Laura era stata male e il suo compagno le aveva suggerito di farsi visitare da un medico perché sospettava che Silvia e Paola l’avessero avvelenata. Ma lei non aveva voluto crederci.
Ho dedicato questo libro alla paura, perché spesso è l’unica arma che abbiamo per difenderci. Diana è un caso a parte.
Era una bambina invisibile. È morta di fame e di sete in una stanza surriscaldata dalle temperature estive. Abbandonata dalla madre e ignorata dalla vita. Sei giorni e sei notti da sola. Senza acqua, senza cibo. Nessuno ha voluto vedere, nessuno ha voluto sentire. Nessuno si è fatto domande. Nessuno ha pensato che la solitudine potesse torturare, uccidere. Essere più feroce di una mano assassina.
Sebbene Diana fosse nata dentro un water, nessuno dei medici ha ritenuto necessario segnalare l’accaduto ai servizi sociali. Nessuno si è interrogato sul perché di quella gravidanza misconosciuta. Diana è cresciuta senza avere fatto una visita audiometrica, senza essere vaccinata. Senza avere mai incontrato un pediatra. A diciotto mesi non camminava e non parlava. Aveva pochi capelli, era pallida e sembrava malnutrita.
Eppure, nessuno si è mai accorto che non fosse in salute. Perché?
La risposta è semplice, sebbene dolorosa. Perché a nessuno interessava veramente. Diana era invisibile e lo era anche Alessia. Forse è troppo anche solo da pensare ma entrambe potevano contare unicamente sul rapporto che le legava. Alessia aveva Diana. Diana aveva Alessia. Diana lo sentiva e dimostrava gratitudine alla madre con i propri sorrisi. Alessia l’ha capito tardi, o forse non lo capirà mai.
E allora, cosa rimane dopo tanta sofferenza?
Credo dovremmo chiederci quante altre Diana e Alessia ci siano là fuori. Quante altre esistenze invisibili corrano il rischio di trovare la morte nell’indifferenza. Se non possiamo fare più niente per Diana e Alessia forse possiamo adoperarci per evitare che succeda ancora.
ThrillerLife: Prima di salutarci, quale messaggio o augurio vuoi lasciare ai lettori di Thriller life?
Elisabetta Cametti: abbiate paura.
La redazione di thriller life ringrazia Elisabetta Cametti per la disponibilità