Atti umani
Recensione di: Barbara Casavecchia
TRAMA:
Una palestra comunale, decine di cadaveri che saturano l’aria di un “orribile tanfo putrido”. Siamo a Gwangju, in Corea del Sud, nel maggio 1980: dopo il colpo di Stato di Chun Doo-hwan, in tutto il paese vige la legge marziale. Quando i militari hanno aperto il fuoco su un corteo di protesta è iniziata l’insurrezione, seguita da brutali rappresaglie; “Atti umani” è il coro polifonico dei vivi e dei morti di una carneficina mai veramente narrata in Occidente.
Conosciamo il quindicenne Dong-ho, alla ricerca di un amico scomparso; Eun-sook, la redattrice che ha assaggiato il “rullo inchiostratore” della censura e i “sette schiaffi” di un interrogatorio; l’anonimo prigioniero che ha avuto la sfortuna di sopravvivere; la giovane operaia calpestata a sangue da un poliziotto in borghese. Dopo il massacro, ancora anni di carcere, sevizie, delazioni, dinieghi; al volgere del millennio stentate aperture, parziali ammissioni, tardive commemorazioni. Han Kang, con il terso, spietato lirismo della sua scrittura, scruta tante vite dilaniate, racconta oggi l’indicibile, le laceranti dissonanze di un passato che si voleva cancellato.
RECENSIONE:
“Atti umani” è il secondo romanzo di Han Kang, vincitrice nel 2024 del Premio Nobel, riconoscimento che le è stato assegnato con la seguente motivazione: “per la sua intensa prosa poetica che affronta i traumi storici ed espone la fragilità della vita umana”.
In “Atti umani” questa motivazione appare in modo evidente: il romanzo è un racconto corale dei tragici fatti avvenuti nel 1980 a Gwangju durante una rivolta popolare soffocata nel sangue dall’esercito sudcoreano. Questo episodio storico, poco conosciuto in Occidente, è narrato attraverso le testimonianze di coloro che hanno subito la brutale repressione militare. Han Kang racconta le esperienze e le sofferenze di diverse persone coinvolte nel massacro, fornendo una visione toccante e profonda delle conseguenze umane di quel drammatico evento. Mescolando le voci dei vivi e dei morti, l’autrice ha dato vita a un’opera che esplora il trauma, la perdita e la memoria, trattando con sensibilità il dolore collettivo e riflettendo sulle cicatrici lasciate dalla storia.
“Tacemmo, evitando di guardarci negli occhi. Avevamo bisogno di tempo per elaborare ciò che avevamo vissuto quella mattina. Un’ora scarsa di muta disperazione, questa fu l’ultima grazia che ci venne concessa come esseri umani”.
Il romanzo si sviluppa attraverso una serie di racconti intrecciati ed è diviso in sette capitoli, ciascuno dei quali è dedicato a un protagonista diretto o indiretto del massacro. Tutti sono legati al giovane Dong-ho, uno studente quindicenne che si reca presso la palestra di Gwangju per effettuare il riconoscimento della salma del suo migliore amico.
Dopo il primo capitolo, la narrazione passa agli altri protagonisti del romanzo, che narrano in prima persona la propria storia, in un arco temporale che va dal 1980 al 2013. Nel secondo capitolo scopriamo il racconto di Jeong-dae, l’amico di Dong-ho, che si trova insieme a lui in piazza nel momento in cui i soldati iniziano a sparare. Seguono poi le storie di una giovane redattrice alle prese con la censura; di un uomo e di un’operaia torturati; della madre di Dang-ho e, infine, l’epilogo, in cui a raccontare la storia è la scrittrice stessa, che all’epoca del massacro aveva solo nove anni e aveva appena lasciato Gwangju per trasferirsi con la famiglia a Seul.
Il punto di forza di “Atti umani” è sicuramente lo stile di scrittura: la prosa di Han Kang è lirica ma allo stesso tempo è capace di evocare il dolore e la paura provata dai protagonisti, descrivendo in modo crudo e realistico le atrocità e le torture subite da tutti coloro che manifestarono il loro dissenso.
“Quando venne chiesto loro perché fossero rimasti pur sapendo che la sconfitta era inevitabile, i sopravvissuti diedero tutti la stessa risposta: Non lo so di preciso, sembrava semplicemente la cosa giusta da fare”
È un libro potente che non si limita a raccontare gli eventi del massacro, ma analizza anche le conseguenze psicologiche e sociali che questi hanno avuto sui sopravvissuti e sulla società coreana in generale.
“Così, se ci pensi, è stato solo quando ci hanno distrutti che abbiamo dimostrato di avere un’anima. Che questo eravamo, in realtà: uomini fatti di vetro”
È una lettura impegnativa, straziante e a tratti disturbante, poiché gli eventi sono raccontati senza giri di parole, basandosi sulle vicende reali di chi ha vissuto quell’orrore. Le dettagliate descrizioni delle violenze e delle sofferenze potrebbero però scoraggiare alcuni lettori, così come la narrazione apparentemente frammentata e polifonica. Ma, man mano che si prosegue con la lettura, ogni capitolo dà un senso al precedente, fino ad arrivare all’epilogo finale in cui la storia di Dong-ho diventa la storia di tutte le vittime del massacro di Gwangju, dei loro familiari e delle generazioni successive. Ed è proprio per questo motivo che il giovane studente è una vittima di cui bisogna conservare la memoria.
“Per favore, scriva il suo libro in modo tale che più nessuno possa oltraggiare ancora la memoria di mio fratello”
Il finale offre una riflessione intensa e toccante sulla resilienza umana, sottolineando, appunto, l’importanza di ricordare gli eventi traumatici per evitare che si ripetano. Alla fine, nonostante tutto il dolore e la sofferenza narrati, Han Kang riesce a dar voce a coloro che sono stati silenziati dalla storia, concludendo il romanzo con un messaggio di speranza e con un’immagine poetica che trasmetterà al lettore un senso di pace.
Traduzione: Milena Zemira Ciccimarra
Editore: Adelphi
Pagine: 208
Anno di pubblicazione: 2014 – in Italia 2017
AUTORE:

Han Kang è una scrittrice coreana vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2024. Vittoria che le ha permesso di diventare la prima autrice asiatica nella storia ad aggiudicarsi tale riconoscimento.
Nata a Gwangju nel 1970, è figlia dello scrittore Han Seungwon e come il padre ha vinto il Yi Sang Literary Award.
Studiosa di letteratura coreana alla Yonsei University, ha iniziato la sua carriera come poetessa. Nelle sue opere Han Kang si confronta con traumi storici, esponendo la fragilità della vita umana, enfatizzando le connessioni tra corpo e anima, vivi e morti, con uno stile poetico unico e sperimentale, confermandosi un’innovatrice della prosa contemporanea.
In Italia i suoi romanzi sono pubblicati da Adelphi.
Tra i titoli ricordiamo, La vegetariana QUI trovare la recensione di ThrillerLife) vincitore dell’International Booker Prize nel 2016, Atti umani (2017), Convalescenza (2019), L’ora di greco (2023), Non dico addio (2024).