C’ero una volta
Recensione di: Martina Melgazzi
TRAMA
Vancouver, 1980. Elizabeth ha diciannove anni e ha trascorso gli ultimi dieci in un centro di detenzione giovanile. Quando viene accolta nella casa-famiglia di Bertha, la donna prende a cuore il suo caso e la sprona a scrivere la sua storia, segnata dalle allucinazioni della madre Margaret. Elizabeth torna con la memoria al 1969, quando Margaret aveva un unico desiderio: diventare una cantante famosa e lasciarsi alle spalle il dolore per la morte di Michael, il gemello di Elizabeth. Mossa dall’amore e dal senso di colpa per essergli sopravvissuta, a soli otto anni Elizabeth ruba le chiavi di uno scuolabus e le due partono dal Canada verso gli Stati Uniti, direzione Woodstock, convinte che lì tutto sia possibile.
Durante il viaggio vivono di espedienti: Elizabeth si trasforma nell’indovina MeMe che legge il futuro in cambio di pochi spiccioli, mentre Margaret si fa incantare da una comunità hippie che vuole risvegliare le coscienze con l’lsd. Per riavere indietro sua madre, Elizabeth cerca di sabotare i loro piani, segnando irrimediabilmente il suo destino. C’ero una volta è un romanzo di formazione psichedelico, un’avventura folle e un po’ magica tra controcultura e rock’n’roll. Con candore e grazia, Buffy Cram racconta la forza del legame madre-figlia, e celebra il coraggio di trasformare il passato più drammatico in una storia che vale la pena di essere ascoltata.
RECENSIONE
C’ero una volta è un esordio tutt’altro che timido. Buffy Cram era già nota per la raccolta Radio Belly e per i riconoscimenti ottenuti nel campo della non fiction. Con questa storia aspra e allucinata confeziona un debutto narrativo sorprendente, coraggioso, profondamente emotivo.
Una favola psichedelica e straziante, ambientata sul bordo frastagliato dell’innocenza e del trauma. Il romanzo è strutturato come un doppio binario temporale: da una parte, il “prima”, ambientato nel 1969; dall’altra, il “dopo”, il 1980.
Seguiamo l’incredibile fuga di una madre turbolenta e instabile e di una figlia di appena otto anni verso un’idea romantica e distorta della libertà. Vediamo le cicatrici lasciate da quel viaggio, e una Elizabeth diciannovenne alle prese con il tentativo, difficile e doloroso, di rimettere insieme i pezzi della sua esistenza.
La scrittura di Buffy Cram è ruvida, a tratti lirica, a tratti brutale. Il ritmo narrativo alterna passaggi ipnotici e visionari a momenti di puro spaesamento.
Non tutto funziona allo stesso modo: la parte centrale del romanzo tende a perdersi in digressioni reiterate e frammenti che appesantiscono l’esperienza di lettura. Ma ciò che tiene insieme la struttura – e la salva – è la forza dei personaggi. Elizabeth e Margaret sono figure complesse, sbagliate, fragili. Non ci vengono mai offerte come vittime o eroine, ma come donne in lotta contro il mondo e, soprattutto, contro se stesse. Margaret è una madre irrisolta, inquieta, schiacciata da un dolore mai elaborato e da un sogno artistico che confina con la psicosi. Elizabeth, invece, è una sopravvissuta: al lutto, alla negligenza, alla confusione degli adulti. Il loro rapporto, pieno di amore distorto, è il vero cuore pulsante del romanzo.
Una delle scelte più riuscite di C’ero una volta è quella di mantenere sempre un equilibrio tra realismo e simbolismo. Il viaggio verso Woodstock diventa metafora della ricerca identitaria, dell’illusione della libertà, dell’erosione dell’infanzia. L’autrice affronta temi complessi – il lutto, la malattia mentale, l’abbandono, la tossicodipendenza – senza facili moralismi, ma anche senza indulgere in gratuità. E lo fa con uno sguardo che sa essere crudo, ma mai cinico.
Se si vuole trovare un punto debole, alcuni passaggi sembrano reiterare concetti già esplorati. Non sempre le riflessioni della voce narrante – specialmente nel punto di vista della Elizabeth bambina – riescono ad andare oltre la superficie. Ma queste sbavature sono comprensibili, e in parte giustificate dall’ambizione del progetto narrativo.
Nel finale, la storia prende una piega dolorosa e necessaria, risolvendosi con una lucidità che commuove. Non c’è catarsi, non c’è lieto fine. Ma c’è consapevolezza. E soprattutto, c’è una voce – quella di Elizabeth, e per estensione quella di Buffy Cram – che riesce a emergere dalle profondità della memoria e a trasformare il dolore in racconto.
C’ero una volta è un romanzo che non consola ma che accompagna. Una lettura difficile, a tratti disturbante, ma anche ricca di grazia e potenza. Un debutto che, pur con qualche imperfezione, lascia il segno.
Traduzione: Laura Gazzarrini
Editore: NN Editore
Pagine: 384
Anno di pubblicazione: 2025
AUTORE:

Autrice, imprenditrice e agricoltrice originaria del Canada, Buffy Cram ha debuttato nel 2012 con la raccolta di racconti Radio Belly. Il suo lavoro le è valso numerosi riconoscimenti: è stata finalista ai Western Magazine Awards, candidata al Pushcart Prize e ha ricevuto il National Magazine Award per la non-fiction. C’ero una volta segna il suo esordio.