Come l’arancio amaro di Milena Palminteri

Come l'arancio amaro
«Carlotta mia, io dell’arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà.»

Come l’arancio amaro

Recensione di: Maria Teresa Peirano

TRAMA:

A cosa serve essere giovane e piena di progetti, se sei nata nel tempo sbagliato? Tre protagoniste straordinarie fronteggiano la sfida più grande: trovare il senso del proprio essere donne in un mondo che vorrebbe scegliere al posto loro. Nardina, dolce e paziente, che sogna di laurearsi ma finisce intrappolata nel ruolo di moglie.

Sabedda, selvatica e fiera, che vorrebbe poter decidere il proprio futuro ma è troppo povera per poterlo fare. Carlotta, orgogliosa e determinata, che vorrebbe diventare avvocato in un mondo dove solo i maschi ritengono di poter esercitare la professione. E un segreto, che affonda nella notte in cui i loro destini si sono uniti per sempre. Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, Sabedda, Nardina e Carlotta lottano e amano sullo sfondo di un mondo che cambia, che attraversa il Fascismo e la guerra, che approda alla nuova speranza della ricostruzione.

Per ciascuna di loro, la vita ha in serbo prove durissime ma anche la forza di un amore più grande del giudizio degli uomini. Partendo da una storia vera, Milena Palminteri esordisce con un romanzo maturo e travolgente, scritto con una lingua ricca di sfumature, popolato di personaggi memorabili per la dolente fierezza con cui abbracciano i propri destini.

RECENSIONE:

Come l’arancio amaro di Milena Palminteri è certamente un romanzo coinvolgente. È ambientato in due epoche storiche differenti, gli anni Sessanta, da cui il romanzo prende il via, e il 1924, da cui la storia riparte per poi dipanarsi piano piano davanti ai nostri occhi riportandoci dove avevamo iniziato.

Le vicende dei personaggi sono per lo più ambientate a Sarraca (antico nome di Sciacca), con qualche capatina, non rilevante ai fini della trama, a Palermo ed Agrigento. Sarraca dipinta come paese chiuso, arretrato, pieno di occhi e orecchie che tutto vedono e tutto sanno, ma dove nessuno parla per l’omertà che il diffondersi della mafia impone.

Milena Palminteri come narratrice esterna ci racconta in terza persona la storia di tre donne, i cui destini si incrociano una indimenticabile notte del 1924 per restare per sempre uniti.

Sabedda, ragazza povera e serva , che con fierezza e determinazione si ribella al proprio infausto destino, prendendo in mano le redini della sua vita, anche quando questa sembra sul punto di deragliare. Nardina, giovane borghese arricchita, diventata nobile per matrimonio e idealista per formazione, costretta ad abbandonare i propri sogni per soddisfare le aspettative che la società del tempo le impone. E infine Carlotta, figlia persa e ritrovata, desiderata e rifiutata, donna moderna appesantita dalle catene di un passato misterioso, figura che riunirà in sé tutte le speranze che donne di altri tempi hanno riposto in lei.

In Come l’arancio amaro troviamo molti personaggi secondari abbastanza ben caratterizzati, anche se di certo non si arriva ad avere la tridimensionalità che riscontriamo nelle protagoniste. Nonostante l’attenzione dedicata alla caratterizzazione di ogni soggetto, traspare però la preferenza dell’autrice per il personaggio di Sabedda, che rispetto alle controparti Nardina e Carlotta, ha contorni meglio definiti e motivazioni più profonde e radicate, senza contare che la sua evoluzione nell’arco del racconto è proprio la spina dorsale che sorregge la trama intera.

Milena Palminteri ci regala una storia avvincente che ci fa immergere del tutto nel tempo in cui si svolge, trasportandoci nella Sicilia degli anni Venti dove un Fascismo inizialmente appena abbozzato diventa sempre più presente sullo sfondo degli eventi, pur non diventando mai protagonista in un luogo dove tutto cambia per non cambiare mai.

Malgrado l’innegabile qualità di questo esordio letterario, dobbiamo però sottolineare l’unico grande difetto di Come l’arancio amaro: l’utilizzo massiccio e preponderante di termini dialettali e parole arcaiche toglie fluidità alla lettura, rendendola spesso difficile e faticosa.

Altri romanzi del filone che grazie alla saga dei Florio ha preso piede negli ultimi anni in Italia, cioè la “saga familiare italiana tardo ottocentesca”, utilizzano spesso termini dialettali, ma più come un intercalare all’interno di un testo prevalentemente in lingua italiana. Qui invece, il lettore sarà spesso costretto a consultare il dizionario “siciliano-italiano” posto alla fine del libro, in quanto in alcune occasioni è davvero molto difficile desumere i significati dal contesto in cui si trovano i termini.

Questo è l’unico vero difetto di Come l’arancio amaro che, però, ne mutila la bellezza, una storia che, altrimenti, si leggerebbe in un sol boccone.

Editore: Bompiani

Pagine: 448

Anno di pubblicazione: giugno 2024

AUTORE:

Come l'arancio amaro

Milena Palminteri è nata a Palermo, vive a Salerno e ha due figli ormai grandi. Ha lavorato per tutta la vita come conservatore negli archivi notarili, dove insieme alla memoria economica di paesi e città italiane vengono conservate e custodite anche le nostre vicende individuali e collettive.

All’inizio degli anni ottanta, mentre dirigeva l’archivio di Salerno, tra le carte di un vecchio fascicolo si è imbattuta in una storia che chiedeva di essere raccontata, quella di un neonato trasportato in una cesta e di una madre accusata di avere comprato il suo bambino. A quella storia negli anni se ne sono intrecciate altre, confluite nel suo primo romanzo, Come l’arancio amaro. Un esordio tardivo, profumato e dolce come un frutto che ha potuto a lungo maturare.

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