Muro di silenzio di Arnaldur Indriđason

Muro di silenzio
La rabbia è un’arma potentissima, e forse nessuno lo sa meglio di te.

Muro di silenzio

Recensione di: Federica Cervini

TRAMA:

Tutte le case hanno un’anima.

Possono emanare delle vibrazioni positive e rassicuranti, oppure possono avere qualcosa di oscuro, che preme per uscire …

Da anni gli inquilini e i proprietari che si erano succeduti in quella casa di Reykjavík si sentivano inquieti, senza un motivo apparente.

Finché un giorno, in seguito a un banale incidente domestico, nel seminterrato ha luogo una macabra scoperta: dietro una parete viene rinvenuto uno scheletro umano.

L’ex agente Konráð, vedovo e con una vita in pezzi che sta provando a ricostruire, si interessa subito all’indagine, ma la situazione è molto complessa.

C’è una talpa in polizia e il suo contatto si dimostra più avaro di informazioni del solito, perciò stavolta è costretto a cavarsela da solo: ancora non sa che le ricerche lo porteranno vicinissimo a scoprire finalmente l’assassino di suo padre, un caso irrisolto che lo tormenta da sempre.

In un noir cupo e sfaccettato, passato e presente si intrecciano in un groviglio che sembra capace di soffocare tutti, perfino lo stesso Konráð.

Ma la verità viene sempre a galla, inchiodando alle proprie responsabilità chi sperava di poter dimenticare una terribile colpa.

RECENSIONE:

“Affumicatoi e gemelli.  Tutto qui”.
“Gemelli?”
“Sì, da polso
”.

Questi sono i due indizi sulla base dei quali l’ex agente della polizia di Reykjavík Konráð deve costruire un’indagine che lo toccherà profondamente e da vicino, e cioè l’omicidio di suo padre Seppi – cold case irrisolto che lo turba da sempre.

Guanda Editore pubblica il quarto capitolo della serie ideata da Arnaldur Indriđason con protagonista l’ormai anziano e vedovo agente Konráð – dopo “Quel che sa la notte” (Guanda 2019), “La ragazza del ponte” (Guanda 2020) e “La pietra del rimpianto” (Guanda 2023)

Arnaldur Indriðason sa che abbattere un “muro di silenzio” non è facile: sono trascorsi anni dall’omicidio di Seppi e non è ancora stato cavato un ragno dal buco riguardo al colpevole, ma Konráð non demorde, e un’inaspettata, macabra scoperta (uno scheletro umano murato nella cantina di una villetta), darà l’avvio ad un’indagine che lo condurrà proprio sulle tracce dell’omicida del padre.

La vicenda ideata da Arnaldur Indriðason si snoda su molteplici piste, in un intreccio alquanto complesso e con un ritmo lento, che permette al lettore di capire anche ciò che è avvenuto nei noir precedenti, il tutto senza grossi colpi di scena.

Inoltre, l’autore non dà indicazioni temporali e si sposta agevolmente di capitolo in capitolo: dall’indagine attuale alla vita del protagonista da bambino, poi all’uccisione del padre – senza mai dare suggerimenti circa le date.

Sta al lettore attento capire cosa sta accadendo e quando si svolgono i fatti narrati, così da ricostruire un puzzle davvero intricato.

I personaggi del libro sono tantissimi e l’autore intreccia molteplici storie nel suo noir: si tratta di cold case in cui ruotano i medesimi protagonisti in età diverse e a capitoli alterni, permettendo al lettore di approfondirne la conoscenza.

L’ex agente Konráð in primis:

un braccio menomato dalla nascita

un rapporto pessimo con il proprio padre;

prima facevo il poliziotto, adesso sono in pensione ma qualche volta mi metto a studiare i vecchi casi irrisolti, tra cui anche quello di mio padre.

Konráð è un uomo dalla straordinaria abilità investigativa che sa indagare su tutto ciò che appare insolito e particolare: “quasi un istinto di caccia” il suo, guidato, peraltro, da un grande ingegno.

Se in “Muro di silenzio” passato e presente continuamente si intrecciano, sono tanti anche i personaggi femminili.

Ci sono Marta, l’amica di Konráð, ed Eygló – una medium che non considera la propria facoltà di chiaroveggenza un dono, ma più un fastidio: aveva la sventura di essere nata con capacità di percezioni extrasensorialiche, in definitiva, si rivelano utili nell’indagine sullo scheletro murato in cantina.

Inoltre, ci sono anche Erna – la moglie deceduta di Konráð, Elisa – la donna vittima di orribili torture ed angherie da parte del marito Stan e la loro figlia Lóla.

Sullo sfondo della vicenda, vi è un affresco dell’Islanda del secondo dopoguerra in cui convivono misteri dolorosi e violenza, buio e gelo – nelle pagine traspare la preparazione eclettica dell’autore, che non è solo scrittore ma anche sceneggiatore, giornalista, critico cinematografico.

Ne esce un noir in cui tutti i capitoli sono quadri colorati da scene realmente visibili e dialoghi vivaci e intensi. In particolare viene evidenziato il mondo della piccola criminalità di Reykjavík, di cui era parte Seppi, ma si intravede anche, ad un livello superiore, l’ombra della massoneria con i suoi simboli (la squadra e il compasso).

Ciò che affascina sin dalle prime pagine, è la sensazione descritta da coloro che hanno, di volta in volta, vissuto nella casa “del crimine”: si tratta di ambigue sensazioni, tutte negative, che non trovano spiegazione concreta, ma sono riferite e condivise da coloro che vi hanno abitato.

In quella casa degli orrori c’è chi ancora oggi percepisce tetri rumori e mugolii (“come se qualcuno stesse piangendo”), chi vive un insostenibile senso di costrizione (”quasi di soffocamento, come se i muri si stessero progressivamente chiudendo”) e il senso di inquietudine indefinibile che aleggia per tutto il romanzo, afferra anche il lettore, trascinandolo in una spirale di ansia e irrequietezza.

“Lo so i fantasmi non esistono.  Però in casa mia c’è qualcosa che … insomma, c’è qualcosa”.

Parimenti, è toccante il tono sempre sconsolato che l’autore attribuisce al suo protagonista che parla di lutti, ingiustizie subite e mai portate alla luce del sole, né sanate (in particolare la vicenda di Elisa).

L’Islanda appare come una terra dalla natura implacabile e ostile, in cui i ghiacci creano un “muro di silenzio” intorno a delitti, abuso di minori e violenza sulle donne.

Arnaldur Indriðason conclude il suo “Muro di silenzio” lasciando qualche situazione ancora in sospeso, e questo fa ben sperare in un successivo capitolo noir con protagonista l’ex-agente Konráð.

Traduzione: Alessandro Storti

Editore: Guanda Editore

Pagine: 352

Anno di pubblicazione: 2024

AUTORE:

Muro di silenzio

Arnaldur Indriðason è nato nel 1961 a Reykjavík, dove ha sempre vissuto.

Si è dedicato alla scrittura, sia di romanzi sia di sceneggiature, dopo aver lavorato come giornalista e critico cinematografico per la maggior testata islandese, il Morgunblaðið .

Tradotto in quaranta lingue, nel corso della sua lunghissima carriera di scrittore ha ottenuto numerosi riconoscimenti, fra cui due Glasnyckeln e un Gold Dagger, e nel 2021 ha vinto il premio Jónas Hallgrímsson per il suo contributo alla cultura islandese.

Guanda ha pubblicato tutti i suoi romanzi: “Sotto la città”, “La signora in verde”, “La voce”, “Un corpo nel lago”, “Un grande gelo”, “Un caso archiviato” (inserito dal PublishersWeekly nella lista dei dieci migliori gialli di tutti i tempi), “Un doppio sospetto”, “Cielo nero”, “Le abitudini delle volpi”, “Sfida cruciale”, “Le notti di Reykjavík”, “Una traccia nel buio”, “Un delitto da dimenticare”, “Il commesso viaggiatore”, “La ragazza della nave”, “Quel che sa la notte”, “La ragazza del ponte”, “I figli della polvere”, “In silenzio si uccide”, “La pietra del rimpianto” (nostra recensione qui) e “Muro di silenzio”.

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