Intervista a Stephen Amidon autore di “I figli del silenzio” – Difficoltà di comunicazione fra genitori e figli e disparità sociali nell’America che si avvia alle elezioni presidenziali 2024

I figli del silenzio

I figli del silenzio

INTERVISTA A CURA DI: Laura Crottini e Federica Cervini

SPAZIO A CURA DI: Laura Crottini

i figli del silenzio

Buongiorno cari lettori, graditissimo ospite del nostro spazio interviste di oggi è Stephen Amidon con il suo nuovo libro “I figli del silenzio” (Mondadori, 2024).

Stephen Amidon è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, laureato in filosofia, ha vissuto per dodici anni a Londra lavorando come giornalista culturale e critico cinematografico per grandi testate come il “Financial Times”. Dai suoi romanzi – tutti editi da Mondadori – è stata tratta la serie TV “La vera Justine”.

THRILLER LIFE: “I figli del silenzio” è un thriller complesso ed articolato che presenta il mondo degli adolescenti americani come caratterizzato da molto denaro, razzismo, divisioni in classi sociali: al centro della vicenda c’è Eden, la vittima ventenne – ed attorno ruotano una quantità enorme di personaggi che hanno con lei interagito prima della morte. Come è stato possibile costruire un romanzo con così tanti POV a cui dare voce?

In particolare ti chiedo se hai incontrato difficoltà nel creare personaggi adolescenti da un lato e adulti dall’altro (questi ultimi forse con vissuti a te più vicini)?  A quale personaggio dell’uno e dell’altro gruppo sei più affezionato?

STEPHEN AMIDON: Ho sempre scritto libri con molteplici punti di vista. Non sono sicuro del perché, è così che funziona la mia mente. 
Mi sono sempre piaciuti i film con molti personaggi diversi a cui viene dato lo stesso peso, come Nashville (Robert Altman), Magnolia (Paul Thomas Anderson), Syriana (Stephen Gaghan) e ovviamente Rasciomon (Akira Kurosawa). 

Penso che questo abbia qualcosa a che fare con il fatto che raramente esiste un’unica verità su una determinata situazione, quindi dare priorità ad un punto di vista mi sembra fuorviante o almeno incompleto.Per quanto riguarda i personaggi adolescenti , trovo che sia sempre più difficile scriverne.  Forse questo è dovuto al fatto che sto invecchiando, ma penso anche che abbia qualcosa a che fare con i social media, che in realtà io non uso molto. 

Oggigiorno la comunicazione tra i giovani sembra avvenire in una lingua che non sempre capisco.  In “I figli del silenzio” risolvo questo problema non dando a nessuno dei quattro giovani del libro il proprio punto di vista (spero che questo aumenti anche l’elemento misterioso). Gli adolescenti sono persone fondamentalmente riservate, quindi ho pensato: perché non usare quel silenzio per contribuire ad approfondire il senso di mistero che circonda ciò che accadde a Eden quella fatidica notte?

THRILLER LIFE: “Michel, permettimi di spiegarti una cosa. Una ragazza bianca è appena stata uccisa all’interno di una casa da tre milioni di dollari in una cittadina dove c’è un omicidio ogni dieci anni. Il colpevole deve venire fuori in un modo o nell’altro, e anche in fretta”.

A partire da questa cruciale citazione, parliamo di un personaggio enigmatico e da tutti ritenuto testimone inattendibile dell’omicidio, cioè Patrick Noone. Il suo abuso di alcool lo rende per tutta la comunità di Emerson – Massachusset – un uomo da non ascoltare, e semmai da allontanare. Distaccarsi è un comportamento e stereotipo comune nei confronti degli emarginati, soprattutto in una cittadina benestante quale quella in cui ambienti il tuo thriller.  

Vi è anche un altro clichè nel romanzo, cioè presentare gli adolescenti ricchi come dipendenti da alcool, oltre che violenti e superficiali.
Vorrei sapere se stai tratteggiando una reale immagine degli Stati Uniti contemporanei (in cui ancora ci sono ampie disparità economiche) oppure hai creato tali conflitti sociali interamente sulla base della tua fantasia – perché funzionali alla trama?

STEPHEN AMIDON: Cerco sempre di evitare stereotipi e cliché nei miei romanzi, ma siccome tu ne hai rilevati alcuni, allora cercherò di spiegarli. 

Dei quattro adolescenti di cui scrivo nel libro (beh in effetti Eden ha 20 anni), nessuno è dipendente dall’alcol: l’unico personaggio che soffre di questo disturbo è, come hai detto tu, Patrick, che è un adulto.  Christopher ne consuma pochissimo: ecco perché le droghe lo colpiscono così duramente. Hannah e Jack si drogano di tanto in tanto, nessuno dei due è un grande bevitore.  E nemmeno Eden. 
Quindi forse in questo caso ho evitato un cliché!

 In termini di violenza, dei quattro giovani protagonisti del romanzo Jack è quello veramente violento; gli altri sono in realtà molto pacifici, anche se suppongo che il fatto che Chris abbia toccato in modo inappropriato Eden sia una sorta di violenza.  Dal di fuori è difficile dirlo, dal momento che non entriamo mai veramente nelle loro teste. 

Infine per quanto riguarda la disparità di reddito ed i conflitti che provoca: come vorrei che esistessero solo nella mia immaginazione! Sfortunatamente, sono una parte molto reale della vita in America e peggiorano continuamente.

THRILLER LIFE: “Il fatto che è morta non vuol dire che non ci sia più.  (…) Scoprirà che spetta a lei tenerla in vita”.

Questo è ciò che Patrick dice a Danielle, la mamma di Eden, in seguito alla morte della ragazza: vuoi parlarci del rapporto che c’era tra Eden e sua madre e di come Danielle affronta la perdita della figlia – considerato che la morte di un figlio è la più grande paura che un genitore possa vivere?

STEPHEN AMIDON: Ho sempre creduto che essere un genitore single, soprattutto una madre single, sia un compito estremamente difficile, soprattutto se non sei abbastanza fortunato da avere le disponibilità economiche per assumere qualcuno che ti aiuti.  Questa è la situazione difficile in cui si trova Danielle.

Penso che il suo compito di madre sia reso ancora più duro dal fatto che Eden è per sua natura una persona un po’ sbadata e che si fida eccessivamente del prossimo.  Vedo Danielle come una donna che ha vissuto una vita difficile e che si sforza di instillare prudenza ed attenzione per se stessa in sua figlia.  Questo la fa sembrare eccessivamente severa con Eden, ma tutto deriva da profondo amore.

THRILLER LIFE: “I figli del silenzio” è il thriller dei conflitti generazionali, delle mezze verità, della difficoltà da parte dei genitori di capire i propri figli adolescenti, ma anche di quella dei ragazzi di instaurare un dialogo costruttivo ed educativo con gli adulti di riferimento. Ognuno degli adolescenti sembra avere un segreto (Eden, Christopher, Hannah, Jack) ma anche gli adulti nel tuo romanzo non ci fanno una bellissima figura, perché rendono le acque più torbide nel tentativo di scagionare i propri ragazzi (Celia, Oliver, Michel).

La vicenda quindi, già di per sé piuttosto ingarbugliata, si complica ulteriormente quando intervengono le famiglie dei ragazzi. Se è vero che essere genitori è il mestiere più difficile del mondo, vorrei chiederti quale sia a tuo parere lo stile educativo più corretto, e se il desiderio di difendere ad ogni costo il figlio adolescente sia la carta vincente nella società contemporanea.

STEPHEN AMIDON: Questa è una domanda molto importante e forse sarà per me impossibile rispondere in modo completo, o anche onesto. 

Naturalmente, quando si tratta dei figli degli altri, la risposta è semplice: dì la verità a tutti i costi, rispetta la legge, non imbrogliare.  Le cose diventano molto meno chiare quando si tratta dei propri figli. Penso che il desiderio di proteggere i nostri figli sia profondamente radicato in noi, ed è uno dei più potenti tra tutti gli istinti umani. 

Quindi anche i cittadini normalmente rispettosi della legge possono sconfinare nell’illegalità quando si tratta di impedire ai propri figli di affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

Ho quattro figli e fortunatamente non mi sono mai trovato di fronte ad una situazione simile a quella che affrontano i genitori nel mio romanzo, ma sarebbe ipocrita da parte mia dire che sapevo con certezza cosa avrei fatto se lo fossi stato.

Il mio “stile” genitoriale è sempre stato quello di cercare di spiegare ai miei figli le cose in modo chiaro, e poi lasciare che facessero loro delle scelte.  Capisco che questo a volte mi renda una persona divertente dal loro punto di vista, ma non sono molto bravo a imporre la disciplina. Voglio solo assicurarmi che capiscano cosa è giusto e cosa è sbagliato e quali dovrebbero essere le loro priorità, dopo ciò, voglio fidarmi del fatto che faranno la cosa giusta.    

THRILLER LIFE: Essere padri e madri oggi è uno dei temi cardine del tuo thriller, e la domanda chiave nel romanzo è fin dove sia lecito spingersi per difendere e proteggere i propri figli. “I figli del silenzio” in molti capitoli parla al lettore dal punto di vista dei genitori: tu sei padre – quali sono i valori che stai trasmettendo ai tuoi figli?

Quale il confine nel rapporto genitori-figli tra il rispetto della privacy di questi ultimi e l’ovvio desiderio dei genitori di conoscere e proteggere i ragazzi (cosa fanno i propri figli? dove? con chi?)? Quali regole di “convivenza pacifica” si possono utilizzare in famiglia?

STEPHEN AMIDON: Penso di aver risposto a questa domanda con la risposta precedente, posso solo aggiungere che ho sempre fatto il possibile per proteggere la privacy dei miei figli. Sono assolutamente convinto che se un teenager vuole tenere qualcosa segreto è giusto che sia così; paradossalmente penso che proprio questo abbia reso i miei figli più “aperti” nei miei confronti piuttosto che provare a controllarsi costantemente sia online che nel mondo “reale”

THRILLER LIFE: Tra i tanti personaggi di “I figli del silenzio” mi sento di poter dire che sono le donne / madri a fare la figura migliore – Danielle in primis che sta vivendo una enorme sofferenza, e qualsiasi madre può con lei empatizzare sulla base del profondo dolore che sta provando.

Parlaci quindi degli uomini e delle donne oggi in America, anche in vista delle future imminenti elezioni di Novembre 2024 – in cui peraltro si schierano proprio un uomo ed una donna l’uno di fronte all’altra. Che situazione sta vivendo la società americana in questo periodo pre-elezioni?  E’ giunto il momento di vedere una donna al governo degli Stati Uniti?

STEPHEN AMIDON: Oh, spero molto che Kamala vinca! Sono un suo grande fan e l’alternativa è veramente impensabile.

Intendo: dopo tutti i progressi che abbiamo fatto da quando le donne hanno ottenuto diritti nei campi di lavoro, sport, educazione, chi avrebbe mai pensato che nel 2024 avremmo avuto una donna di colore, intelligente e disponibile che si sarebbe candidata contro un uomo maschilista e dalla dubbia moralità?

Come possiamo trovarci in una situazione in cui la donna deve aver paura per il proprio corpo?
Tutto questo mi ricorda che l’America è divisa in due e una di queste frazioni è davvero un luogo molto oscuro e primitivo.

THRILLER LIFE: So che sei un docente alla famosa scuola di storytelling “Scuola Holden” a Torino: in quanto docente e scrittore vorrei chiederti se esistono delle regole di scrittura di un buon thriller. Inoltre, che rapporto hai con i tuoi studenti alla Holden – e con l’Italia in generale?

E ancora a proposito dell’Italia, il noto regista Paolo Virzì ha tratto nel 2013 dal tuo precedente romanzo “Il capitale umano” un film che poi venne designato come film rappresentante il cinema italiano alla selezione per l’ “Oscar al miglior film straniero“ – il film venne poi escluso dalla candidatura, ma tu che ricordi hai di quella esperienza?  Hai preso parte alla definizione della sceneggiatura? Possiamo sperare in una trasposizione TV anche di “I figli del silenzio”?

STEPHEN AMIDON: Per quanto riguarda le regole del buon thriller, c’è ne solo una: stupisci il lettore! Se non riesci in quello allora hai fallito.

Parlando invece dell’Italia, Io amo questa nazione e amo i miei studenti della scuola Holden; sono persino amico di alcuni di loro e adoro seguire i loro progressi nel mondo proprio come uno zio molto orgoglioso.

Parlando invece di “Il capitale umano” i miei ricordi sono tutti bellissimi; quello che è successo – per via di complicate ragioni contrattuali con uno studio precedente – non ho preso parte alla sceneggiatura, ho visto il film per la prima volta quando Paolo mi invitò in Italia e sono rimasto stupefatto da quanto il film era bello; è stato l’inizio della mia storia d’amore durata 10 anni con l’Italia e sì, Paolo ed io puntiamo a produrre una Serie Tv al riguardo!

In America sto lavorando anche ad una serie Tv riguardo “I figli del silenzio”, è un lavoro enorme ma ci stiamo provando.

THRILLER LIFE: La vicenda di “I figli del silenzio” non si conclude del tutto alla fine del romanzo: possiamo sperare in un seguito di questo avvincente thriller? Oppure stai lavorando alla stesura di un nuovo romanzo?

STEPHEN AMIDON: Il sequel del libro sarà la seconda stagione della serie TV al riguardo.

Se questa intervista con le domande di Federica Cervini vi ha incuriositi non perdetevi la recensione completa dell’opera fatta dalla nostra redazione (link recensione)

La redazione di thriller Life ringrazia Stephen Amidon per la disponibilità

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