Fabrizio Roncone è un giornalista e scrittore noto per la sua capacità di trattare in modo lucido e ironico anche i temi più scottanti, offrendo nuove e penetranti analisi della realtà. Le sue cronache di frequente spiazzano, ma sono illuminanti e questo fa di lui uno dei giornalisti più apprezzati del nostro tempo.
Roncone nasce a Roma nel 1963 e inizia la sua carriera di giornalista nel 1984, cominciando a lavorare a Paese Sera, e poi all’Unità. Dal 1998 fa parte del quotidiano “Corriere della Sera” come inviato speciale.
Nel 2016 esordisce nella narrativa con il romanzo noir La paura ti trova, pubblicato da Rizzoli, in cui debuttano come protagonisti dei suoi romanzi il carismatico ex giornalista Marco Paraldi, e una Roma dalle mille anime.
Nel 2018 pubblica Razza Poltrona con Solferino, un libro in cui l’autore mostra la fotografia della classe politica della seconda Repubblica, a cui sembra mancare sia lo spessore etico che la profondità di pensiero.
Nel 2019, insieme ad Aldo Cazzullo, pubblica Peccati immortali, un romanzo in cui si snoda una vicenda sordida, nello scenario di una Roma decadente e impregnata dal malaffare.
Nel 2022 vince il Premio NebbiaGialla per la letteratura noir e poliziesca con Non farmi male, pubblicato da Marsilio. La storia è ambientata nei nostri giorni e ci regala il ritorno dell’affascinante ex giornalista Marco Paraldi e della sua Roma.
Nel 2023 pubblica, sempre con Marsilio, Il potere di uccidere, letto e recensito per Thriller Life da Alessandro Quadri di Cardano Qui
La scrittura di Roncone, oltre che per l’originalità delle trame, coinvolge per la prosa snella e veloce e per la capacità di delineare in maniera magistrale l’identikit psicologico degli “attori” che porta in scena.
Il suo personaggio seriale, Marco Paraldi, è protagonista anche in “Il potere di uccidere”. Ex giornalista, eccellente cuoco e padrone di casa, Paraldi ci guida attraverso le sue indagini in una Roma co-protagonista della narrazione. La città appare in tutta la sua ineguagliabile bellezza, ma allo stesso tempo intimorisce per la parte oscura e corrotta che disvela.
Fabrizio Roncone ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande.
Thrillerlife: La tua matrice formativa è il giornalismo, quel tipo di giornalismo che tratta i temi scottanti della vita politica, ma non solo, inoltre, sei conosciuto per aver scelto di raccontare il mondo senza compromessi. Come si declinano nei tuoi romanzi queste caratterizzazioni e quali vantaggi ti forniscono?
Fabrizio Roncone: Al Corriere, il giornale dove lavoro, ho praterie di libertà. Posso scrivere tutto ciò che vedo e che sento. Naturalmente, noi giornalisti abbiamo però un limite: dobbiamo poter provare tutto quello che raccontiamo alle nostre lettrici e lettori.
E così, in certe situazioni, devi fermarti: o hai una carta scritta, una foto, una qualsiasi prova, oppure la tua verità – per assolutamente vera che sia – è a rischio smentita. Ecco allora che arriva il meraviglioso soccorso del noir. In forma letteraria, e romanzata, mi è infatti possibile – cambiando nomi e cognomi, rendendo alto chi è basso, e pelato chi ha molti capelli – raccontare pezzi di società che, altrimenti, resterebbero oscuri, e nascosti.
TL: Come è maturata in te la “vocazione” ad essere oltre che giornalista anche scrittore di thriller? Quale valore socioculturale attribuisci a questo genere di letteratura?
F.R: Io credo che il libro giallo, questo genere letterario, sia oggi il grande romanzo popolare italiano. Voglio dire che tra 50 anni, chiunque volesse sapere com’era questo Paese nel 2023, dovrà andarsi a riprendere i libri gialli che vengono, non credo a caso, scritti ovunque: ci sono giallisti che raccontano la Sicilia, la Puglia, la Campania, e romanzi gialli sono ambientati anche a Roma, Bologna, Milano, ad Aosta.
Lo scrittore di gialli entra nella società. E la racconta. La realtà quotidiana è il lievito madre delle sue storie. I romanzieri classici, invece, tendono ormai a una deriva piuttosto precisa: pur scrivendo magnificamente, raccontano quasi sempre se stessi, o inventano storie talvolta contorte, con il figlio di un tale che poi s’innamora di quella del terzo piano, che poi si separa e ha due figli, l’ultimo dei quali si sposerà per scoprire che… C’è l’Italia di tutti i giorni? No, non mi sembra. C’è la violenza, l’angoscia, la tensione quotidiana delle grandi città? Ci sono temi come emarginazione, disoccupazione, droga, immigrazione? Quasi mai. Per trovarli, devi cominciare a sfogliare un giallo.
TL: In questo terzo episodio, Il potere di uccidere ritroviamo un Paraldi sempre simile a sé stesso nel suo coltivare attentamente le proprie debolezze da inguaribile scapolo e le sue fisime nel vestiario, prima tra tutte le famose scarpe Adidas Tabacco marrone. Eppure, appare più cupo, più duro, più arrabbiato. Che succede?
F.R: Confesso: a me Paraldi sta simpatico. In una società di finti vincenti, di performanti per obbligo, di gente che cerca di apparire sempre fighissima, brillante, sicura, sorridente, e invece spesso è triste, sfortunata, condannata a destini infami, a me uno che non ha paura di ammettere le proprie fragilità, le manie, le paure, piace. Mi sembra, francamente, un rivoluzionario.
TL: Paraldi, da ex cronista di lungo corso, ha sempre mostrato una visione estremamente disincantata della politica. Eppure, in questo romanzo sembra aver raggiunto uno stadio successivo, tanto che, dalla critica generalizzata al sistema, si passa a chiari attacchi personali. Che cosa è cambiato nel suo mondo? È diventato un nostalgico del passato o ha una visione allarmata sul futuro?
F.R: Paraldi ha conosciuto bene la politica della Prima Repubblica, quella dei Berlinguer, Craxi, De Mita, Forlani e via dicendo. E conosce benissimo la politica attuale, avendola raccontata a lungo per il proprio giornale. E quindi sa che i politici travolti in gran parte da Mani Pulite – al netto dei loro giochi di potere, degli affari più loschi che conosciamo – ad un certo punto sapevano fermarsi, e chiedersi: va bene, ora pensiamo un momento anche agli italiani. Al loro bene, ai loro interessi. Paraldi osserva invece l’attuale classe politica e la vede concentrata solo su sé stessa, sui propri conti correnti, sulla difesa ostinata della poltrona. Mentre migliaia di italiani, intanto, scivolano sotto la soglia di povertà.
TL: A Paraldi affidi il compito di muovere alcune amare critiche verso i romani. Infatti, il nostro vinaio accusa i suoi concittadini di aver perso quella generosità che li distingueva e che ne compensava i difetti. Roma e i romani stanno cambiando? È solo la generosità a far loro difetto o hai osservato altri cambiamenti in negativo?
F.R: I romani hanno smarrito, purtroppo, alcuni caratteri che gli erano peculiari: il senso dell’accoglienza, una certa allegria di fondo, l’amore per la propria città. Chi arriva oggi a Roma trova una città chiusa, arrabbiata, maltrattata. Lo dico da romano: siamo colpevoli, i primi colpevoli. E se è vero, come è certamente vero, che Roma resta la più bella città del mondo, è anche vero che gli unici che possono salvarla siamo proprio noi.
TL: Il romanzo ci presenta personaggi squallidi e inquietanti, come il “disonorevole” Pignataro, e altri che sono veramente abietti, come Marika e il cosiddetto Doberman. Ma a riequilibrare l’ago della bilancia ci sono poi personaggi pieni di fascino e poesia come i due senza tetto, soprannominati Ungaretti e De Gregori. Un po’ come a delineare due facce della stessa umanità, non trovi?
F.R: È la forza della nostra società. C’è tanto male, ma ci sono anche lampi di bene. E il bene, su questo dovremmo a lungo riflettere, arriva spesso dagli ultimi, da chi soffre, da chi sembra destinato a perdere. È da loro che arrivano squarci di speranza per il nostro futuro.
TL: Il messaggio che pare uscire dal romanzo è che alla fine i prepotenti riescono sempre a farla franca. Tant’è vero che, per trovare una sorta di giustizia, anche Paraldi deve usare le stesse armi. Secondo te si può avere vera giustizia in un sistema fai da te? Oppure solo un sistema giuridico costituito può realmente riparare il male subito da una vittima?
F.R: Noi viviamo in un Paese profondamente ingiusto. Paraldi, ad esempio, detesta chi non paga le tasse. Sa che i potenti e gli arroganti, quasi sempre, riescono a dominare la scena. Ma non si rassegna. A volte ci prova da solo. Ma Paraldi è il protagonista di un noir, è un personaggio letterario, e lui può farlo. Noi, no. Noi dobbiamo pensare bene, ma bene, a chi andiamo a votare ogni volta che ce ne viene data la possibilità.
TL: Parliamo d’amore: riuscirà mai il nostro Paraldi ad abbandonare le proprie paure e ad amare la sua Chicca? Cos’è che spinge il nostro eroe a fare di tutto per chiudersi nella sua posizione difensiva di solitudine? Come vedi questa coppia? Non ti sembra contraddittoria, o è forse proprio nelle contraddizioni che perdura l’attrazione e il legame tra loro?
F.R: L’amore è contraddizione. Sofferenza. Diffido sempre dagli amori lineari. E sono sicuro che la maggior parte delle mie lettrici e lettori non crede al Mulino Bianco: siamo così, tormentati e pieni di passione, vorremmo dare un bacio e poi ci ripensiamo. E quando lo diamo, spesso siamo pentiti, o estremamente felici. Non abbiamo misura certa. Come Paraldi.
TL: Thriller, Noir e Gialli si trovano anno dopo anno sempre in vetta alle classifiche dei libri più venduti.Perché ci piace così tanto leggere storie che declinano il Male in tutte le sue varie sfumature.
F.R: Forse leggiamo gialli perché, in fondo, speriamo di trovare una qualche soluzione al male di questa società.
TL: Prima di salutarci quale messaggio o augurio ti piacerebbe lasciare ai nostri lettori?
F.R: Di non perdere mai l’abitudine di entrare in una libreria.
Thriller Life ringrazia Fabrizio Roncone per la gentilezza.
a cura di Alessandro, Rosaria, Edy